Bella alla Stampa: "ma ora il rischio vero è finire in stagnazione"

Bella alla Stampa: "ma ora il rischio vero è finire in stagnazione"

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7 agosto 2013

Il messaggio di Confcommercio è chiaro: la recessione è finita, la ripresa ancora non è solida. Il vero rischio, in questo frangente, è la stagnazione. «Gli ordinativi sono aumentati e quando aumentano questo si riflette sempre sull'economia, c'è quindi da esserne moderatamente contenti - dice Mariano Bella, direttore dell'Ufficio studi di Confcommercio - però non dobbiamo cadere in un equivoco: la fine della recessione non vuol dire automaticamente inizio della ripresa. Esiste una terza via che va assolutamente scongiurata e che invece resta possibile: la stagnazione. Non perdiamo terreno, ma neppure andiamo avanti: galleggiamo, tiriamo a campare. Se ad una caduta del Pil dello 0,2% nell'ultima rilevazione facessero seguito valori come meno 0,1 oppure più 0,1 per cento, questo si configurerebbe come segnale di una debolezza strutturale fortissima, certamente incapace di sostenere una ripresa vera». «Mi hanno fatto riflettere - dice ancora Mariano Bella - alcuni dati recenti di Federalberghi sul turismo in questa stagione: la caduta delle presenze in albergo si è arrestata, ma l'inversione di tendenza è debolissima, quasi impercettibile. Anche il dato sull'auto, che tanti entusiasmi ha fatto nascere, è piccolo, troppo piccolo per parlare di una svolta. Infine la distribuzione commerciale a giugno ha fatto registrare si una ripresa ma appena percettibile. Troppo poco». Quanto al futuro e alle ricette per scongiurare una stagnazione in sostituzione della recessione, l'economista di Confcommercio segnala tre punti: «Per consolidare questi deboli segnali di ripresa occorre scongiurare definitivamente sia l'Imu così com'è, sia l'incremento dell'Iva e per farlo va verificato se non sia il caso di convogliare su queste misure i risultati positivi della lotta all'evasione fiscale. Secondo: non arrestare il corso della spending review: qualcuno dice che non ci sono capitoli di spesa a cui tagliare 10 miliardi. Non importa: si tagli, anche 400 milioni, anche un euro, ma si continui. Infine, via con le dismissione del patrimonio pubblico. Se si procede con coraggio la ripresa si consolida. Sennò....».

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