Cala il "peso" del commercio, 2008 anno da dimenticare

Cala il "peso" del commercio, 2008 anno da dimenticare

Tra il 2000 ed il 2008 le imprese commerciali sono scese dal 28 al 27,2 per cento del totale. L'anno scorso hanno abbassato definitivamente le serrande 120mila imprese ed il saldo tra aperture e chiusure è stato negativo per 38.860 unità.

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19 giugno 2009
IL COMMERCIO

Cala il “peso” del commercio, 2008 anno da dimenticare

 

Nel 2008 il settore del commercio contava nel complesso circa 1 milione 500mila imprese attive: il 39% residente al Sud, il 70% costituito da ditte individuali e il 13% da società di capitali, il 56% attivo nella distribuzione al dettaglio attraverso 972 mila

punti vendita in sede fissa, in forma ambulante ed altre forme di vendita. Le unità di lavoro impiegate sono state 3 milioni e 557mila (di cui 1 milione e 852mila alle dipendenze, il 50,7% del totale). Il valore aggiunto generato è stato pari ad oltre 155 miliardi di euro, pari all’11% del valore aggiunto totale. Il valore delle vendite al dettaglio in sede fissa è cresciuto complessivamente dello 0,1% (+1,8% nella grande

distribuzione, ma -1,3% nei piccoli negozi). E’ la “fotografia” scattata dall’Ufficio Studi Confcommercio nel Rapporto sul Terziario.

Entrando nel dettaglio, si “scopre” che il commercio è cresciuto di circa 92mila unità rispetto al 2000 (+6,8%), a fronte della crescita del 9,8% dell’intero sistema produttivo, fatto che ha comportato una riduzione dal 28% al 27,2% del suo “peso” sul totale

delle imprese attive. La maggior parte del sistema imprenditoriale è costituito ancora da ditte individuali (69,6% rispetto al 73,3% del 2000). Nel corso degli anni c’è stato però un aumento del numero di società di capitale (dall’8,2 al 12,9%), attive soprattutto nel comparto dell’ingrosso.

Il Rapporto segnala comunque che nel 2008 la crisi ha colpito duro. Sono oltre 120mila infatti, soprattutto nel commercio al dettaglio, gli esercizi commerciali che hanno definitivamente abbassato le serrande. E il saldo tra aperture e chiusure è negativo per 38.860 unità, un numero più consistente sia rispetto all’anno precedente (-35.819) sia rispetto al saldo dell’intera economia (-21.420). E per il 2009 si prevede un saldo negativo tra le 30 e le 50 mila unità.

Per quanto riguarda il sistema distributivo, tra il 2002 ed il 2008 è proseguita la profonda ristrutturazione del settore dell’alimentare, con il calo del numero di

esercizi specializzati e lo sviluppo della grande distribuzione: nel complesso, l’area degli esercizi specializzati alimentari (panetterie, fruttivendoli) si è contratta di 12.521 punti vendita. Quanto ai settori non food, si è registrata una crescita generalizzata di punti vendita soprattutto fra i negozi di abbigliamento e calzature. L’unico settore dove si è riscontrata una diminuzione di esercizi è stato quello dei mobili, elettrodomestici e

ferramenta.

Sul fronte dell’occupazione, circa la metà dei tre milioni e mezzo di lavoratori impiegati nel 2008 sono stati attivi nel commercio al dettaglio, il 33,9% nell’ingrosso e

nell’intermediazione e il 16,6% nel commercio e riparazioni di autoveicoli e nella

vendita di carburante. Dopo la forte ripresa occupazionale registrata nel 2006, c’è stato un indebolimento fino ad arrivare al calo dello 0,4% nel 2008. La flessione è stata sentita pesantemente soprattutto nel commercio all’ingrosso (-2,2%, il risultato peggiore dal 2001). L’esito di questa evoluzione è stata la modifica della composizione delle quote tra unità di lavoro dipendente e indipendente: se nel 2001 i lavoratori autonomi del commercio rappresentavano il 53% dei totale degli occupati del settore, nel 2008 il loro peso è stato pari al 47,8%.

Passando al valore aggiunto, il 2008 è stato un anno pesantemente negativo per le imprese del commercio che, dopo il lento recupero nel 2006 e nel 2007, hanno registrato in termini reali un decremento del 3% per il forte calo dei consumi. Particolarmente colpito il comparto dell’auto, moto e carburanti (-5,4%), ma risultati negativi sono

stati conseguiti sia dal commercio all’ingrosso (-3,6%), sia da quello al dettaglio

(-1,2%). Si tratta del peggior risultato dal 2001, molto distante da quello relativo all’intera economia (-0,9%) e all’aggregato dei servizi (-0,2%). Per i prossimi anni, il Rapporto stima una contrazione del 4,3% per il 2009 ed una variazione zero per il 2010.

Per quanto concerne infine i consumi delle famiglie, nel 2008 si è registrata una flessione dell’1%. La tendenza a comprimere la spesa si è concentrata soprattutto sulla domanda di beni, diminuita del 2,4% (-7,3% i beni durevoli, -1,3% quelli non durevoli), mentre per i servizi si è registrato un deciso contenimento della crescita rispetto agli anni precedenti (+0,4%). A flettere è stata soprattutto la spesa per la mobilità (-5,1%), la domanda di servizi di trasporto (-7,4%) e la spesa per gli elettrodomestici (-7,1%).

 

Nell’alimentare, la spesa delle famiglie si è ridotta in maniera significativa per alcune

voci ,come l’acquisto di prodotti ittici (-5,4%) ed il consumo di pane e cereali, frutta, latte uova e formaggi che hanno registrato una flessione superiore al 3%.

Al contrario i prodotti per la telefonia hanno mostrato una dinamica particolarmente sostenuta (+15,4%), così come i  prodotti legati alla manutenzione domestica (attrezzature per la casa ed il giardino e tessuti  per la casa, +14,3% e +4,1% rispettivamente).

La tendenza alla compressione dei consumi ha determinato nel 2008 un calo del fatturato delle imprese commerciali che operano in sede fissa (-0,3%), imputabile esclusivamente alle vendite di beni non alimentari (-1,1%). La crescita del fatturato degli alimentari (+1,3%) è stata generata esclusivamente dagli aumenti dei prezzi che per questa voce hanno registrato un incremento del +5,4%, a cui ha corrisposto una flessione dei volumi venduti. Il calo dei consumi di beni non ha risparmiato neanche le imprese della grande distribuzione che hanno registrato un incremento in valore del fatturato dell’1%, il dato più basso dal 2000.

Da rilevare, infine, che negli ultimi dieci anni la spesa per l’abitazione è cresciuta dal 27,6 al 28,6% comprimendo le altre aree di consumo, in particolare quelle legate alla cura del sé che, insieme al tempo libero e alle vacanze, hanno perso 1,7 punti percentuali del loro peso sulla quota di spesa complessiva rispetto al 2000. Ciò conferma

la sempre maggiore rilevanza assunta all’interno dei consumi delle famiglie da quella parte di spese che possono essere considerate obbligate, con una compressione dell’area destinata all’acquisto di beni e servizi.

 

 

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