COMMERCIO E TURISMO

COMMERCIO E TURISMO

p.333 D:6-7-2006 T: ASSEMBLEA CONFCOMMERCIO

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6 luglio 2006
Commercio e turismo

Commercio e turismo

 

Nel corso del suo intervento all’Assemblea Generale, il presidente Sangalli ha dedicato ampio spazio a due aspetti fondamentali dell’economia come il commercio e il turismo. 

 

Il commercio

 

“L’aumento di produttività richiede anche regole di apertura dei mercati e concorrenza. Come, peraltro, si è già largamente e sostanzialmente fatto â€" fin dal 1998, con la riforma “Bersaniâ€� â€" per la distribuzione commerciale. Ne è testimonianza la ristrutturazione profonda del settore, certificata da un turnâ€"over di chiusure e di nuove aperture di decine di migliaia di imprese all’anno. Ne sono testimonianza i dati ISTAT relativi all’andamento dei prezzi finali praticati ai consumatori per le principali categorie di beni commercializzabili. Analisi della BCE sui dati di contabilità nazionale segnalano inoltre che, nel periodo 2001/2004, la distribuzione commerciale â€" concorrenziale per il pluralismo imprenditoriale che la contraddistingue strutturalmente, pluralismo di marchi e di insegne, di scale dimensionali e di formati organizzativi â€" ha ridotto i propri margini operativi. In sintesi, dunque, la concorrenza ha agito in tutto il sistema distributivo: nel dettaglio indipendente come nella grande distribuzione e nella distribuzione organizzata. Grandi famiglie del mondo del commercio â€" queste ultime â€" che, attraverso la scelta di Federdistribuzione di rinnovare il suo patto associativo con la nostra Confederazione, confermano il ruolo di Confcommercio come casa comune di tutto il sistema commerciale operante in Italia. C’è ancora del lavoro da fare. Per coordinare l’azione delle Regioni sul terreno del cosiddetto “federalismo commercialeâ€� e per sviluppare l’integrazione qualitativa tra urbanistica generale e urbanistica commerciale. Ci sono gli strumenti istituzionali per farlo e, soprattutto, c’è sempre lo spazio politico per una concertazione, che coinvolga â€" anche su questo terreno â€" Governo, Regioni ed Enti locali, consumatori, lavoratori ed imprese. C’è sempre questo spazio, ministro Bersani. Perché discutere e confrontarsi sulle regole dell’attività d’impresa e sulle scelte di apertura dei mercati è aspetto imprescindibile di una concertazione che si proponga di agire concretamente per il perseguimento degli obiettivi generali del risanamento, dell’equità, dello sviluppo. Noi, per parte nostra, vogliamo portare il nostro contributo al raggiungimento di questi obiettivi. E’ il contributo di chi, ogni giorno, fa impresa e si confronta con i cambiamenti del mercato e con le esigenze dei consumatori. E pensa, dunque, di avere legittimamente qualcosa da dire, quando si discute di liberalizzazioni. Ecco, questo è un punto sul quale dobbiamo intenderci. Perché la concertazione non può essere un metodo ad intermittenza o a corrente alternata, che con alcuni si pratica e con altri no. Perché pensiamo che sia giusto consentire alle forze sociali di partecipare alla formazione delle scelte e di assumere impegni conseguenti in ragione di ciò che esse rappresentano nell’economia reale del Paese. Perché concertare anche con le Regioni e gli Enti locali è un buon modo per evitare l’innescarsi di polemiche e di ricorsi alla Corte Costituzionale per conflitti di competenza. Valgano â€" queste osservazioni â€" a futura memoria. Ma intanto, caro Ministro, noi Ti chiediamo di aprire con urgenza un tavolo di lavoro e di confronto sul decreto in materia di liberalizzazioni. Con spirito costruttivo e senza pregiudizi, riteniamo, infatti, che siano possibili modifiche e miglioramenti a vantaggio di tutti. Fermo restando, naturalmente, che, in una corretta concertazione, non ci sono mai poteri di veto e che spetta al Governo e al Parlamento la responsabilità delle decisioni finali.

 

 Il turismo

 

“Il turismo è una grande risorsa per il Paese. Forse, la sua più grande risorsa.

Per questo abbiamo chiesto una governance del settore, coerente con le sue potenzialità. E, per questo, abbiamo poi apprezzato la scelta di incardinare nel Ministero dei Beni Culturali la delega in materia. E’, naturalmente, un punto di partenza: per risolvere â€" dopo la proroga già intervenuta - la questione degli aumenti esponenziali dei canoni demaniali; per dar seguito agli impegni in materia di detraibilità IVA per il turismo congressuale; per l’allineamento delle aliquote IVA per il turismo italiano ai livelli più competitivi praticati da altri Paesi europei. Ma, più in prospettiva, vorremmo che fosse l’occasione affinché tutti i protagonisti della governance del turismo italiano â€" Ministero, Regioni, Agenzia, Enti locali, lavoratori ed imprese â€" condividessero una strategia di qualificazione della nostra offerta turistica. Una strategia alimentata da un’opzione forte per il marketing territoriale della destinazione Italia e da un complessivo salto di qualità tecnologico e di rete dell’organizzazione, del funzionamento e della promozione di questa offerta. Una tecnologia di rete â€" diffusa e partecipata â€" che consenta, prima e dopo l’esperienza di viaggio in Italia, di profilare attese ed esigenze di consumatori sempre più diversificati e di rispondervi con un’adeguata articolazione dell’offerta, all’interno della ricerca del miglior rapporto qualità/prezzo. Con la consapevolezza â€" aggiungo â€" di quanto sia complessa la costruzione del servizio dell’offerta turistica. Perché essa coinvolge tutti gli elementi â€" infrastrutturali e relazionali â€" che definiscono, nel loro insieme, l’identità territoriale e la sua accessibilità: efficienza e costo dei trasporti e dei servizi alberghieri e di ospitalità, sicurezza, qualità e fruibilità del patrimonio ambientale e culturale, tutela e promozione della qualità e della tipicità dei sapori e del commercio, professionalità e formazione. Innovazione e marketing territoriale: sono le gambe fondamentali di una politica per il commercio e per il turismo, che si proponga di accrescerne la produttività e di coinvolgere questi fondamentali settori economici nel più ampio disegno di realizzazione di una leadership italiana del capitalismo culturale e dell’economia dell’esperienza. Esiste ormai una ricca letteratura che insiste sullo straordinario potenziale dell’identità del nostro Paese: un’identità definita dal nostro patrimonio culturale, storico ed ambientale, oltre che dal modo tipicamente italiano di vivere e anche di consumare. E’, tra l’altro, una leva ancora largamente inesplorata per il miglioramento dell’export e per l’internazionalizzazione del nostro sistema dei servizi. Perché la pizza, i caffè e le piazze sono parti della nostra identità. Ma “Pizzaâ€"Hutâ€� e “Starbucksâ€� non sono nati in Italia. E le innumerevoli repliche del modello della piazza italiana che â€" un po’ ovunque, in giro per il mondo â€" costituiscono la frontiera organizzativa più avanzata di centri, parchi e distretti commerciali, vedono poco coinvolti capitali, imprese e imprenditori italiani. Si possono “copiareâ€� pizza, caffè e piazze. Ma, per fortuna, non si può “clonareâ€� la qualità della nostra vera identità. Una identità, però, che non può essere vissuta solo come una rendita, una delle tante dell’Italia fondata sulle rendite. Al contrario, se ne deve trarre tutta la straordinaria capacità di costruzione di valore che in essa risiede, senza accontentarsi della soddisfazione “musealeâ€� di essere i detentori del primo patrimonio artisticoâ€"culturale del mondo.

E’ allora arrivato il momento di mobilitare le politiche pubbliche e l’iniziativa dei privati nella costruzione e nella realizzazione di un progetto, il cui obiettivo sia quello di assicurare all’Italia una posizione di testa nel cosiddetto “capitalismo culturaleâ€�. Quello, cioè, capace di far fruttare il patrimonio dell’identità italiana. Un patrimonio non delocalizzabile e, dunque, straordinariamente resistente alla competizione di chi - dalla Cina all’India - è ormai in grado di mettere in campo il formidabile “combinato dispostoâ€� di tecnologie avanzate, di risorse umane qualificate e di costi bassi, bassissimi. Bisogna, però, superare preconcetti di lunga durata : dal ruolo ancillare dei servizi, del terziario rispetto all’industria â€" quando, ormai, il terziario vale il 65% dell’occupazione italiana e del PIL â€" fino ad un’innovazione ritenuta possibile soltanto nel settore manifatturiero. Perché c’è spazio e c’è la necessità di una ulteriore crescita del sistema dei servizi nell’economia italianaâ€�.

 

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