CONFCOMMERCIO E CONFESERCENTI: "IL TAVOLO È SALTATO PER DECISIONE DELLA REGIONE"
CONFCOMMERCIO E CONFESERCENTI: "IL TAVOLO È SALTATO PER DECISIONE DELLA REGIONE"
Confcommercio e Confesercenti: “il tavolo è saltato per decisione della Regione”
Confcommercio e Confesercenti dell’Umbria respingono al mittente le accuse dell’assessore Giovanetti che le ha indicate tra i soggetti responsabili del fallimento del tavolo sui prezzi. “Lo scioglimento del tavolo – puntualizzano le due organizzazioni per voce dei rispettivi presidenti regionali, Luciano Ioni e Sandro Gulino – è una scelta della Regione, compiuta dall’assessore nella sua piena autonomia e di cui quindi si assume per intero le responsabilità. Rispetto al documento da lui presentato, su cui non si è trovato un accordo, e in relazione al quale alcune associazioni hanno abbandonato il confronto, noi abbiamo infatti avanzato controproposte concrete, ispirate all’affermazione del principio, per noi irrinunciabile, che a tutti i soggetti coinvolti, dalla produzione alla distribuzione, si deve chiedere di assumere gli stessi impegni. Non era certo accettabile – e questo è il nodo che la Regione non ha sciolto - che alla distribuzione venissero richiesti impegni specifici e puntuali e la stessa cosa non accadesse con la produzione, a cui si ponevano soltanto impegni di tipo generale, istituzionale. Un’intesa sarebbe stata possibile su un protocollo di carattere più politico che tecnico, che rinnegasse definitivamente la logica dei due pesi e due misure. Ma la Regione non ha inteso al momento seguire questa linea, preferendo lo scioglimento del tavolo sui prezzi”.
Confcommercio e Confesercenti entrano anche nel merito delle questioni: quello che pesa veramente e in maniera drammatica sui bilanci familiari - sottolineano - non sono gli aumenti dei prezzi dei generi di largo e generale consumo, che incidono appena per un 16%, ma i costi incomprimibili, come energia, trasporti, affitti e mutui, prodotti creditizi in genere e soprattutto tasse e tariffe. La sola addizionale comunale a Perugia, tanto per fare un esempio, ha avuto un aumento di 180 euro all’anno. Ed è solo una delle tante tasse e tariffe che gravano sui cittadini. Non solo: secondo le due organizzazioni di categoria i costi incomprimibili pesano due volte sulle imprese commerciali, in primo luogo in modo diretto come fattori, e quindi costi, di produzione, e poi indirettamente perché impoveriscono i consumatori, che sono il vero patrimonio di ogni azienda.
Quanto al nodo cruciale del blocco dei prezzi, le due associazioni ribadiscono la totale impraticabilità di questa ipotesi perché a monte dei prezzi praticati dalle imprese della distribuzione ci sono i listini stabiliti da altri soggetti, ovvero dalla produzione, e non è pensabile che ci si possa assumere l’impegno di stoppare i prezzi a valle per un certo periodo di tempo, sapendo che, a monte, gli stessi prezzi continueranno ad aumentare. Anche in quelle regioni, ad esempio Lombardia e Marche, in cui si sono trovate intese veicolate come “blocco” dei prezzi, si è tratto in realtà di una messa a sistema delle promozioni.
Se di blocco dei prezzi su un paniere predefinito non intendono parlare, perché misura impraticabile e “di facciata”, le organizzazioni del commercio ribadiscono invece la piena disponibilità ad iniziative concrete che metteranno in campo a prescindere dall’accordo con la Regione.
Confcommercio, ad esempio, è disponibile alla valorizzazione delle promozioni, e chiede il supporto delle istituzioni in questo senso; alla implementazione della distribuzione dei prodotti sfusi, fermo restando le valutazioni dei profili igienico sanitari e della fattibilità e gradimento di questa iniziativa; ad organizzare mercati ambulanti aggiuntivi, con giornate che prevedano sconti particolari su determinati prodotti; a sperimentare il blocco dei prezzi su prodotti agro alimentari di aziende umbre se le stesse assumessero analogo impegno. Confcommercio e Confesercenti parallelamente stanno inoltre lavorando su menu a prezzo fisso per i ristoranti e ad accordi con la produzione primaria agricola per accorciare la filiera, sia sulle carni che sui prodotti agro alimentari, con conseguente prezzo fisso su alcune merci.