"Crescita!", l'Europa fa i conti senza l'oste

"Crescita!", l'Europa fa i conti senza l'oste

Portare la quota di Pil prodotta dall'industria dall'attuale 15% al 20% nel 2020 significherebbe, in caso di crescita del Pil del 2%, un aumento della manifattura del 43% cumulato: "taluno potrebbe addirittura esigere che alcuni tra gli eletti del popolo italiano reagiscano con maggiore consapevolezza a certi impulsi fantasiosi provenienti da Bruxelles".

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18 giugno 2015

Il 10 giugno scorso i nostri parlamentari delle Commissioni per le Politiche dell'Unione europea hanno approvato un parere su un paio di comunicazioni della stessa Commissione riguardanti la suggestione della rinascita industriale europea (sic!). Uno dei punti qualificanti del parere è l'indicazione, per il Governo italiano, di adoperarsi «affinché il Consiglio europeo affermi in modo solenne l'obiettivo di portare la quota di Pil prodotta dall'industria dall'attuale 15% al 20% entro il 2020». È bello quando la politica, spesso maltrattata, si pone obiettivi ambiziosi, e soprattutto definiti sotto il profilo quantitativo. Immagino che i nostri parlamentari spingano per la rinascita industriale avendo un occhio attento all'economia italiana. In altre parole, non posso pensare che vogliano la crescita dell'industria in altri paesi europei a prescindere da ciò che accadrebbe in Italia. E dunque consideriamo il valore aggiunto della manifattura italiana nel 2014 e vediamo cosa dovrebbe accadere per raggiungere entro il 2020 la quota del 20% (il target non può che essere la manifattura sia perché il documento originale europeo a essa fa riferimento sia perché, se consideriamo l'industria tout court, cioè con energia, estrazione di minerali e costruzioni siamo già oltre il 20 e non credo che l'obiettivo sia di ridurne ulteriormente la quota). La manifattura realizza il 15,7% del valore aggiunto reale nel 2014 (se si fa riferimento alle variabili nominali non muta nulla). Se immaginiamo una crescita 2015-2020 attorno all'1,5% annuo per il complesso dell'economia, l'obiettivo viene raggiunto con una crescita cumulata di periodo della manifattura del 39%, pari a circa il 5,7% annuo per ciascuno dei sei anni tra il 2015 e il 2020. Il resto dell'economia ristagnerebbe (crescita allo 0,6%). Ricordo che per l'anno in corso la previsione di crescita di Confcommercio è dell'1,1%, ed è, finora, la più ottimistica. Nel primo trimestre, inoltre, la variazione del valore aggiunto nell'industria in senso stretto è dello 0,6%, un po' distante dall'ipotesi di 5,7%. Se l'economia italiana dovesse crescere al tasso del 2% dal 2015 al 2020, l'obiettivo del 20% necessiterebbe una crescita della manifattura al 6,2% medio annuo (oltre il 43% cumulato). Se ipotizziamo un 3% complessivo medio annuo (magari!) l'obiettivo richiede alla manifattura una variazione media annua di circa il 7,2% ( 52% cumulato). Se si dà per scontato che comunque l'anno in corso non mostrerà una crescita robusta, in generale e per la manifattura, allora il target andrebbe raggiunto non in sei ma soltanto in cinque anni, rendendo necessari tassi di crescita ancora pia inverosimili. Ovviamente, l'obiettivo che il Consiglio europeo, anche con il prezioso stimolo del nostro Governo, deve affermare in modo "netto e solenne", può essere raggiunto con una crescita complessiva minore di quella qui simulata o addirittura all'interno di un periodo recessivo: in questo caso è necessario semplicemente un crollo epocale del valore aggiunto nei servizi, nella PA e nell'agricoltura, con un repentino e radicale cambiamento non soltanto del mix produttivo ma anche del nostro modo di vivere e dell'ambiente fisico in cui ci muoviamo. I conti non interessano granché ai politici, e si sa. Come si sa che questi documenti non cambiano i destini del genere umano. Però, oltre a chiedersi se chi redige o sottoscrive questi pareri non possa affaticarsi in qualche pia utile incombenza, taluno potrebbe addirittura esigere che alcuni tra gli eletti del popolo italiano reagiscano con maggiore consapevolezza a certi impulsi fantasiosi provenienti da Bruxelles. Magari, col tempo, anche gli euroburocrati starebbero più attenti. 

Mariano Bella

Direttore Ufficio Studi Confoommercio 

Dal Garantista del 18 giugno 2015

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