Di padre in figlio: quando l'impresa passa di mano

Di padre in figlio: quando l'impresa passa di mano

Del passaggio generazionale nelle pmi ultimamente si parla molto. Anche perché sta andando in pensione la generazione di imprenditori che ha partecipato al boom economico, dando sostanza dagli anni Cinquanta ai Settanta al tessuto produttivo del Paese.

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31 marzo 2010
Il passaggio generazionale è un momento cruciale nella vita di una azienda, perché implica il trasferimento da una generazione

Passaggio generazionale nelle piccole e medie imprese famigliari.

Un tema di cui ultimamente si discute molto. Non solo perché, riguardando un trasferimento pressoché totale di know-how e competenze, rappresenta un momento cruciale nella vita di una azienda. C’è anche da considerare il momento storico che stiamo vivendo. In questo periodo infatti si va progressivamente avviando alla pensione una generazione di imprenditori che ha partecipato al boom economico, dando sostanza tra gli anni cinquanta e settanta al tessuto produttivo del paese. Un passaggio dunque che si preannuncia in qualche modo epocale, data l’importanza rivestita dalla piccola e media impresa a conduzione familiare in Italia. Anche per i grandi numeri che mette in campo. Gli imprenditori ultrasessantenni sono infatti il 60% del totale e indagini e ricerche ci dicono che molti di loro, circa il 70%, desidera lasciare l'azienda a un familiare, sebbene una percentuale significativa sembra restia ad abbandonare il proprio ruolo. Una preoccupazione legittima quella di quest’ultimi, dato che secondo una relazione pubblicata da McKinsey (2006), solo il 24% delle imprese italiane raggiunge la seconda generazione e appena il 14% la terza generazione. C’è infine da considerare che il ricambio generazionale, già di per sé critico, avviene in un momento completamente nuovo rispetto a quando le imprese nacquero e si consolidarono, caratterizzato com’è dalle grandi sfide indotte dalla globalizzazione.

 

Ma come avviene questo ricambio generazionale?

Gli scenari che possono fare da sfondo al passaggio del testimone sono tanti. Proviamo a vederli più da vicino.

1)       Spesso la volontà del titolare di lasciare l'azienda a figli o nipoti è molto forte, quasi un'imposizione nei loro confronti. Con il risultato che se capacità e motivazioni dei successori sono insufficienti, queste possono tradursi in un insuccesso dell'impresa, nel medio o addirittura nel breve periodo.

2)       Un rischio quindi è che il genitore non tenga conto dei tempi di crescita e di sviluppo del giovane successore. O che ritenga che la proprietà dell’azienda comporti automaticamente il possesso dei requisiti per dirigerla. In realtà, storicamente non è così. Almeno in Italia, dove il successo delle imprese familiari l’ha fatto la creatività e il carattere di uomini determinati e lungimiranti, capaci spesso di inventarsi il “loro” prodotto e di crederci fermamente.

3)       Si tratta di un’impostazione mentale, lavorativa e culturale che rende inevitabile la criticità del passaggio da parte di chi ha speso la propria vita a costruire un’industria ai diretti o indiretti discendenti. Che a loro volta magari possono scegliere di entrare nell’azienda di famiglia perché non hanno, per così dire, niente di meglio da fare. Cioè, per un calcolo di mera convenienza e non per spirito aziendale o per il desiderio di perpetuare la storia economica famigliare.

4)       La proprietà dell’impresa potrebbe essere confusa con al sua conduzione, con il pericolo di assegnare a membri della famiglia responsabilità sproporzionate rispetto a competenze e capacità inadeguate, causando frustrazione (e risultati aziendali negativi) da una parte e disaffezione nelle forze valide presenti in organico.

5)       A volte si presenta il caso che, pur in presenza di validi successori, il capostipite ostacoli il passaggio generazionale con motivazioni le più varie (ad esempio perché i successori non gli sembrano “ancora” all’altezza) semplicemente perché rifiuta l'idea che la “sua” azienda non sia più sotto il suo controllo. In questo caso, la convivenza tra vecchia e nuova generazione può diventare difficile, creando conflitti e dannose sovrapposizioni tra dinamiche aziendali e problematiche psicologiche.

6)       Anche quando poi il processo di passaggio ha ufficialmente termine, può sempre succedere che l’imprenditore senior non vada realmente in pensione. Che cioè, invece di defilarsi, rimanga punto di snodo per le decisioni strategiche o magari sia ancora coinvolto a pieno titolo sul piano operativo, con un evidente rischio di confusione dei ruoli, non solo all'interno della famiglia ma anche tra i dipendenti e collaboratori dell'azienda.

7)       C’è infine da considerare che una coesistenza nella seconda generazione di più successori, porta con sé il rischio di generare conflitti e gelosie nell'assunzione dei compiti (si pensi, ad esempio, ad una situazione dove è l'erede più giovane ad assumere i compiti di maggiore responsabilità).

 

Come governare il passaggio

Più di un’indagine rivela che la stragrande maggioranza degli imprenditori considera il passaggio generazionale un fenomeno quasi impossibile da gestire. Non stupisce, quindi, che si vada a tentoni, senza seguire un percorso coerente, né da un punto di vista psicologico, né aziendale.

Invece, molto si può fare per minimizzare i rischi.

1)       Innanzitutto, anche se è banale dirlo, occorre pensarci per tempo. Il titolare dell’azienda deve interrogarsi e sapere cosa vogliono i suoi figli, prendendo coscienza di quale sia la reale volontà degli eredi rispetto al subentro nella gestione.

2)       Perché la questione sia almeno bene impostata, è importante evitare le costrizioni da parte dei genitori nei confronti dei figli perché seguano le loro orme; né va bene che i figli, a loro volta, scelgano sulla base di sentimenti diversi dalla motivazione al successo imprenditoriale.

3)       Una volta stabilita questa solida base di partenza, è utile che l'ingresso degli eredi in azienda avvenga con un’assunzione di responsabilità graduale, magari tramite l'affiancamento di questi ultimi da parte di un tutor, una persona con lunga esperienza di vita nell'azienda che ne segua e favorisca la crescita imprenditoriale, con un distacco emotivo ed una autonomia che difficilmente il genitore avrebbe nei confronti dei propri figli.

4)       Inoltre, è necessario che il trasferimento dei poteri non sia affrettato rispetto ad un'adeguata maturazione delle competenze in capo ai successori.

5)       Durante la “convivenza”, il capostipite  deve ridurre progressivamente la propria influenza nelle scelte di tipo strategico, facilitando l'evoluzione positiva del processo decisionale tra gli eredi, arrivando in tempi il più possibile rapidi a ritagliare per sé il ruolo di consigliere (che dispensi consigli sempre e solo su richiesta…).

 

Quando il passaggio generazionale non si può fare

Ma se il passaggio di testimone immediato e diretto non è possibile? Niente paura, perché non mancano valide soluzioni alternative. Si va dalla creazione di veri e propri consigli di amministrazione per affiancare il giovane erede con una cerchia di persone capaci, in grado di traghettarlo verso maggiori responsabilità, alla ricerca di un manager all’esterno dell’azienda; dalla vendita dell’azienda mantenendo la maggioranza del capitale, al ricorso a strumenti finanziari come ad esempio i fondi di private equity. 

Ciò che conta davvero è di vivere questo passaggio non come una minaccia alla sopravvivenza dell’azienda, ma come un’occasione di crescita, un’opportunità per apportare profondi cambiamenti. A questo proposito, non bisogna dimenticare un dato. È vero, questa prima generazione che si appresta a lasciare è rappresentata da “uomini che hanno fatto l’impresa” basando il proprio successo sulla determinazione e sulle grandi capacità di saper “annusare” l’aria. Doti che da sole non bastano più. Oggi bisogna sapere innovare rapidamente, occorre sapersi riposizionare rapidamente tenendo d’occhio anche mercati e trend di crescita. Tutte cose che figli e nipoti dei “Padri fondatori”, che spesso hanno studiato, si sono guardati intorno, hanno viaggiato, probabilmente potranno fare meglio di loro.

Insomma, il passaggio generazionale potrebbe benissimo essere l’occasione per traghettare l’impresa da un vecchio modello organizzativo ad uno più moderno e adatto ai tempi e agli andamenti di un mercato sempre più convulso.

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