Gdo e piccoli esercizi, una convivenza possibile

Gdo e piccoli esercizi, una convivenza possibile

Assemblea pubblica di Confcommercio Trieste sul rapporto tra la grande distribuzione ed i piccoli esercizi dei centri urbani. Paoletti: "sviluppo armonico indispensabile per un reale rilancio di tutte le attività produttive del territorio".

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13 novembre 2007
Trieste,

Gdo e piccoli esercizi, una convivenza possibile

 

Un’analisi delle modalità per una possibile convivenza sul territorio provinciale tra la Grande Distribuzione Organizzata  ed i centri commerciali da un lato, ed i piccoli esercizi ed i centri commerciali urbani dall’altro, ma anche la necessità di trovare soluzioni strategiche e linee di sviluppo, condivise fra Amministrazioni, soggetti istituzionali ed organizzazioni di categoria, per evitare ricadute negative per il centro urbano sotto il profilo economico, occupazionale, culturale e sociale.

Queste il filo conduttore che ha caratterizzato l’Assemblea pubblica di Confcommercio Trieste, nell’ambito della quale si è svolta la tavola rotonda sul tema “Come far convivere i piccoli negozi dei centri urbani con la grande distribuzione ed i centri commerciali?�, cui hanno preso parte numerosi rappresentanti del mondo politico, istituzionale ed economico.

Ad aprire i lavori è stato Antonio Paoletti, presidente della Confcommercio triestina, che ha ricordato come l’esigenza di tutela della rete distributiva esistente venga condivisa sia dalla grande che dalla piccola distribuzione. Tuttavia, ha detto, sarebbe inopportuno far nascere sul territorio locale ulteriori insediamenti di grandi superfici, anche a fronte  delle peculiarità del consumatore triestino, che per vari fattori, in primis quello anagrafico, preferisce guardare al negozio rionale piuttosto che affrontare lunghi spostamenti per recarsi nei centri commerciali. Il presidente di Confcommercio Trieste ha poi posto l’ accento sulle conseguenze che deriverebbero, da un depauperamento della rete distributiva cittadina, per ampi segmenti del settore del terziario, dai produttori, ai grossisti, agli agenti e rappresentanti di commercio, ai corrieri, componenti di una numerosa filiera che, nelle  le piccole e medie imprese, trova i naturali partners delle rispettive attività.

Maurizio Fanni, docente presso l’ateneo del capoluogo del Friuli Venezia Giulia, ha quindi illustrato i contenuti di uno studio realizzato dalla Facoltà di Economia dell’ Università di Trieste, che oltre ad analizzare le peculiarità della rete della GDO ed il sistema commerciale nel suo complesso del comprensorio locale, ha delineato anche alcune possibili linee programmatiche da attuare per garantire un equilibrio fra i vari soggetti della rete distributiva provinciale. Ebbene, si assiste ad una duplice tipologia evolutiva della grande distribuzione che, se da un lato prospetta uno sviluppo all’ “americana�, ovvero ampi insediamenti fuori dalla cintura urbana, dall’altro sembra guardare con attenzione, complice anche la difficile situazione del commercio al dettaglio, ad un modello “back to downtown�, ovvero strutture di vendita di grande superficie in prossimità dell’area centrale. Lo studio condotto dall’Università di Trieste ha anche proposto alcune possibili strategie per rivitalizzare l’area urbana, con il conseguente rilancio delle imprese operanti nella stessa, prima fra tutte quella, già adottata in vari centri italiani, del retailtainment, un mix di proposta commerciale e divertimento, nella quale si cerca di indurre il cliente all’ acquisto attraverso l’organizzazione di eventi e di intrattenimenti vari. Un altro possibile modello da adottare, particolarmente fruibile per realtà urbane sedi di  patrimoni culturali e di spiccata vocazione turistica, è quello della City Card, una soluzione tesa a fornire al visitatore una gamma di proposte  e servizi, che mira a generare un indotto dai flussi turistici che visitano il centro storico. Premessa per una fattibilità concreta delle due opzioni è la creazione di centri commerciali naturali, il cui obiettivo è quello di creare un sistema, riconoscibile al consumatore, che non sia incentrato sul numero di attività presenti in un’ area, bensì su relazioni, che devono coinvolgere attività complementari fra loro, per contrapporsi, proprio in virtù delle loro differenze, all’  offerta standardizzata  dei grandi poli extraurbani.

Andrea Zanlari, dell’Istituto Nazionale Distribuzione e Servizi di Unioncamere, ha osservato come la dicotomia fra insediamenti commerciali extraurbani, creati ex novo, e quelli urbani con il loro sistema commerciale tradizionale, pare essere orientata ad un superamento delle differenze ed opposizioni in uno scenario che vede, in un reciproco scambio di concetti e metodi, un traslazione delle rispettive peculiarità dagli uni agli altri.

Secondo quanto emerge da un’analisi effettuata dallo stesso Istituto di Unioncamere, al fine di essere appetibili per gli investitori ed essere oggetto di interventi di riqualificazione, i centri urbani devono possedere due elementi essenziali, ovvero garantire la capacità di mantenere ed attrarre residenti e, secondariamente, essere effettivi  poli di sviluppo economico e sociale.

Successivamente si sono susseguiti gli interventi, nell’ambito della tavola rotonda, da parte dei numerosi esponenti del mondo politico, istituzionale, imprenditoriale e delle categorie economiche che hanno presenziato all’evento.

 

 

 

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