GLI ANZIANI E LA VOGLIA DI CONTINUARE AD "ESSERCI"

GLI ANZIANI E LA VOGLIA DI CONTINUARE AD "ESSERCI"

Presso il Palalottomatica di Roma si è tenuto il Meeting internazionale "50&Più La forza degli anni", organizzato da 50&Più Fenacom. Presentato il rapporto "Essere Anziano Oggi 2008".

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11 novembre 2008

Gli anziani vogliono continuare ad “esserci”

 

Presso il Palalottomatica di Roma, alla presenza del ministro del Welfare Maurizio Sacconi, si è tenuto il Meeting internazionale “50&Più La forza degli anni organizzato da 50&Più Fenacom. In apertura è stato presentato il rapporto “Essere Anziano Oggi 2008”. L’indagine di quest’anno, effettuata da Ermeneia/50&Più Fenacom, ruota attorno al concetto di “pensione attiva”, definizione apparentemente contraddittoria, visto che la quiescenza viene tradizionalmente percepita come ritiro dalla vita di lavoro.

Al contrario i comportamenti e in parallelo le propensioni delle persone mature contribuiscono a fare giustizia di tale stereotipo, aprendo una prospettiva di “secondo ciclo” di vita attiva per gli ultrasessantenni e oltre.

L’indagine, costruita sulle opinioni di tre fasce di età (i 50-59enni, i 60-69enni e i 70enni e oltre) mette in luce alcuni aspetti fondamentali:

- l’alta percentuale di anziani ancora vitali e autonomi: più del 90% dei 60-69enni e quasi l’80% degli ultra settantenni;

 - il nuovo modo di porsi davanti al mondo politico, con la richiesta di provvedimenti concreti che agevolino la permanenza degli anziani nel mondo del lavoro anche dopo il pensionamento.

- le diverse motivazioni del desiderio di svolgere un’attività lavorativa dopo la pensione: un terzo degli intervistati è orientato al pensionamento attivo come scelta esplicita, partendo da un buon livello di benessere sul piano della salute, del reddito e dell’autonomia personale, mentre un altro terzo vede il pensionamento attivo come necessità, partendo da un grado di benessere insufficiente. Infine, un dato di interesse generale: il tasso di occupazione attuale in Italia dei 60-69enni è appena del 13,3%, ma se si ipotizzasse un suo quasi raddoppio (giungendo gradualmente al 25%) si potrebbe raggiungere un incremento del tutto ragguardevole del Pil rispetto ad oggi, stimabile tra il +1,6% e il +2,3%. Nel complesso si può dire che le persone intervistate, in particolare quelle tra i 60 e i 69 anni, rispetto al loro possibile impegno post-pensione, si articolano in tre categorie e cioè:

1/3 all’incirca (il 33,6% del totale) rappresentano gli anziani orientati al pensionamento attivo come scelta esplicita, stante un buon livello di benessere sul piano della salute, del reddito e dell’autonomia personale;

cui si aggiunge un ulteriore terzo (32,3%) che fa capo agli anziani orientati al pensionamento attivo come necessità, visto che tale tipologia è caratterizzata da un grado di benessere insufficiente, ma accompagnato da atteggiamenti particolarmente attivi per quanto riguarda il periodo post-pensione;

ed infine c’è il terzo restante (34,1%) che fa capo alla tipologia degli anziani orientati al pensionamento non attivo, costituito da persone in condizione sociale medio-bassa, e residenti prevalentemente nel Mezzogiorno.

Quanto infine alla promozione di una politica di accompagnamento dell’anziano vitale che vuole rimanere tale nel tempo, va ribadita l’esigenza di “passare dal dire al fare”, visto che la consapevolezza del potenziale nascosto della categoria è cresciuto nel tempo, ma non ha ancora trovato le azioni di accompagnamento corrispondenti.

Del resto va ricordato che il tasso di occupazione ufficiale dei 15-64enni era in Italia (nell’anno 2007) pari al 58,7% contro il 70,0% che l’Obiettivo di Lisbona fissava addirittura come target per l’anno 2010. Mentre il tasso di occupazione attuale in Italia dei 60-69enni è appena del 13,3%. Ma se si ipotizzasse un suo quasi raddoppio (giungendo gradualmente al 25,0%) si potrebbe raggiungere un incremento del tutto ragguardevole del Pil rispetto ad oggi, stimabile tra il +1,6% e il +2,3%.

È necessario dunque immaginare proposte e varare interventi che riconoscano e valorizzino il potenziale esistente, costituito dalle persone anziane dopo l’entrata in pensione, visto che queste ultime hanno davanti a loro un possibile nuovo ciclo di vita della durata di 20-25 anni. Si tratta di un periodo più che consistente che ha bisogno di una cultura nuova da rinventare sul piano personale e collettivo, uscendo definitivamente dagli schemi antichi che volevano ridurre la terza età ad uno scorcio di esistenza residuale e declinante.

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