Il testo dell'audizione

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10 giugno 2010
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VALUTAZIONI SULLE MISURE URGENTI IN MATERIA DI STABILIZZAZIONE FINANZIARIA E DI COMPETITIVITÁ ECONOMICA DI CUI AL D.L. 31 MAGGIO 2010, N. 78

 

 

Il contesto macroeconomico

         La pesante recessione del biennio 2008-2009 ha certamente ridisegnato gli equilibri mondiali tra le principali aree economiche. Il Pil delle economie avanzate è prossimo a scendere sotto la soglia del 50% del Pil mondiale.

Sul piano congiunturale, a metà del 2010 si può ritenere che il punto di svolta della crisi sia stato superato, anche se permangono molte incertezze sulla possibilità di avviare una ripresa robusta e duratura.

Resta il ruolo problematico dei mercati finanziari, ormai sempre più interconnessi con l'economia reale, ancora caratterizzati da tensioni e instabilità e dal persistere di una certa opacità rispetto al ruolo dei prodotti strutturati

I segnali positivi non mancano.

Le prospettive di ripresa per il complesso dei Paesi industriali sembrano, tuttavia, modeste, soprattutto per l'area dell'euro, che dovrebbe espandersi ad un ritmo appena al di sotto dell'1% nel 2010 e dell'1,5% neI 2011, una velocità inferiore a quella espressa nel corso dei primi anni duemila. Sotto questo aspetto, invece, emerge ancora una volta la differenza di vitalità tra Europa e Stati Uniti, con questi ultimi già dall'anno in corso proiettati su un tasso di crescita del 2,8% (+2,5% nel 2011), in linea con la crescita media della prima metà di questo decennio.

Nel nostro Paese, nel biennio 2008-09, il Pil si è ridotto del 6,3% e la spesa delle famiglie (comprensiva del saldo turistico) del 2,9%; negli ultimi quindici mesi hanno chiuso circa 560 mila imprese; il tasso di disoccupazione è tornato a sfiorare il 9% e il numero di occupati si è ridotto di 800 mila unità. In pratica: nell'ultimo biennio e in termini di Pil pro capite, abbiamo azzerato dieci anni di stentata crescita, ritornando ai livelli del 1999.

Nonostante queste difficoltà, il sistema-Paese ha tenuto, dimostrando di poter agganciare la fase espansiva del ciclo internazionale, come mostra la crescita congiunturale del 0,6% del Pil nel primo quarto dell'anno e i segnali di incremento su buoni ritmi dell'export. Il problema resta la modesta intensità della ripresa.

Il nostro sistema produttivo presenta un deficit di produttività che non consente valutazioni particolarmente ottimistiche sul profilo di crescita dei prossimi anni.

Il traino del commercio internazionale non è sufficiente.

Occorre ridare impulso alla domanda interna e puntare sull'accrescimento di produttività e innovazione del sistema, per riavviare un sentiero di crescita consistente e prolungata.

È dunque in questo contesto che sono maturate le condizioni per la manovra correttiva di finanza pubblica.

 

La correzione dei conti pubblici

Il Governo ha predisposto una manovra di riassetto dei conti pubblici dell’ordine di 24,9 miliardi euro cumulati sul biennio 2011-2012, con l’obiettivo di portare l’indebitamento netto nel 2011 al di sotto del 4,0% in rapporto al Pil e di contenerlo ulteriormente nel 2012 attorno al 2,8% (con una riduzione di 1,5 punti percentuali rispetto alla valutazione della RUEF 2010, basata sul conto della P.A. a legislazione invariata).

La correzione per il biennio 2011-2012 vale circa lo 0,8% del Pil in ciascun anno. È bene ricordare che in altri momenti critici per i nostri conti pubblici, la portata delle misure di contenimento fu di entità molto più rilevante rispetto all’attuale. Nel biennio 1993-1994 risultò pari a circa il 6% del Pil nel primo anno e a poco meno del 2% nel secondo anno. Nel 1997, la manovra resa necessaria per l’ingresso del nostro Paese nella moneta unica, movimentò un volume di risorse pari al 3% nell’anno.

Come si vede, in comparazione con questi episodi, la manovra correttiva per gli anni 2011-2012 appare di entità relativamente modesta. Tuttavia, effetti moderatamente recessivi potrebbero derivare dalla debolezza strutturale della nostra economia, già provata da almeno dieci anni di crescita bassissima.

Nel 2011 la manovra è ripartita per circa il 34% in nuove e entrate e per il rimanente 66% in tagli di spesa, mentre nel 2012 le percentuali si modificano, rispettivamente, in 40% e 60%.

 

I contenuti della manovra

Seguendo l’ordine dell’articolato del Decreto, si possono svolgere le seguenti considerazioni:

 

1) Il taglio lineare del 10% della dotazione di bilancio a valere sui singoli capitoli di spesa dei Ministeri, colpisce la spesa in conto capitale, per circa 1,3 miliardi, vale a dire quasi 2/3 dei tagli complessivi di spesa che ammontano a poco più di 2 miliardi di euro. Sotto questo aspetto la conseguente riduzione di investimenti pubblici non favorisce il potenziale di crescita del Paese.

 

2) La riduzione dei c.d. “costi della politica”, seppure di modesta entità, è apprezzabile come indirizzo generale di un’auspicabile inversione di tendenza che dovrà consolidarsi in futuro ed estendersi a qualsiasi soggetto della macchina pubblica; peraltro, dovrà esplicare i suoi effetti anche in un intervento deciso ed incisivo di riassetto dei diversi livelli di governo, nell’ambito del testo in discussione sulla riforma delle autonomie locali.

 

3) Per quanto attiene alla riduzione dei costi degli apparati amministrativi, deve rilevarsi che il principio della riduzione degli emolumenti previsto per i componenti degli organi collegiali, sia in linea generale condivisibile; tuttavia non si deve intaccare il principio della democrazia rappresentativa e determinare una riduzione dell’effettivo peso della rappresentanza delle parti economiche e sociali che possono ben essere presenti a titolo onorifico e gratuito in detti organismi.

 

4) E’ condivisibile l’eliminazione di alcuni Enti, sebbene il risparmio atteso sia certamente di impatto modesto sul bilancio, auspicando che sia elemento di innesco di un percorso di razionalizzazione complessiva dell’apparato pubblico e degli enti ad esso connessi. A nostro parere sarebbe auspicabile che, nel caso dell’Isae, si procedesse a far confluire attività, ruoli e personale all’interno dell’Istat per quanto riguarda indagini campionarie congiunturali, distribuendo il resto del personale in altri comparti amministrativi. In ogni caso, pur condividendo l’esigenza di una razionalizzazione del sistema, si ritiene necessario precisare che tale processo non deve determinare un conseguente taglio alle risorse per la ricerca, fattore necessario per accrescere la competitività del Paese e favorire la ripresa dalla crisi. Nello specifico, la soppressione dell’ISPESL e l’attribuzione delle relative funzioni all’INAIL, non deve prefigurare una soppressione di fatto delle attività di ricerca in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

 

5) Sono certamente apprezzabili i risparmi di spesa derivanti dalla limitazione delle assunzioni nelle amministrazioni pubbliche, fermo restando che per rendere strutturali tali economie di bilancio, sarebbe comunque necessario un riassetto del pubblico impiego, favorendo o forzando una maggiore mobilità del personale tra le singole amministrazioni pubbliche, nonché un deciso ricorso a criteri di meritocrazia, riducendo il ruolo degli scatti di anzianità e dei meccanismi automatici di carriera.

Ciò dovrebbe valere principalmente per il comparto dell’istruzione, che assolve alla vitale funzione di riprodurre e accrescere il capitale umano qualificato, via maestra attraverso cui si incrementano livello e dinamica del prodotto potenziale. Dunque, sarebbe opportuno orientare un sistema scolastico e formativo efficiente verso la selezione di un corpo docente qualificato e motivato, mediante un sistema premiale che valorizzi il merito e la produttività, con l’ausilio di idonei strumenti di valutazione che attualmente risultano pressoché assenti.

 

6) L’introduzione delle “finestre mobili” in materia di pensioni di vecchiaia e di anzianità, consente risparmi di spesa consistenti, di oltre 2,6 miliardi nel biennio, che presentano un carattere strutturale. Seppure risulta condivisibile l’individuazione di un percorso di innalzamento graduale dell’età pensionabile, facendola convergere verso la media dei principali Paesi europei, non è comprensibile la reiterazione di norme di penalizzazione nei confronti dei lavoratori autonomi, come quella che conferma la disparità di trattamento nei tempi di accesso alle prestazioni pensionistiche.

 

7) Il taglio ai trasferimenti agli Enti locali è il capitolo più corposo dei risparmi di spesa, pari a 8,5 miliardi di euro in termini di riduzione dell’indebitamento netto attraverso il Patto di stabilità interno. Pur condividendo In tal senso è opportuno che tale processo di taglio venga accompagnato da misure programmatiche che orientino gli enti territoriali ad assumere politiche di assorbimento dei mancati trasferimenti attraverso una incisiva opera di razionalizzazione della spesa e di eliminazione degli sprechi, senza incidere su taglio dei servizi essenziali ai cittadini e innalzamento della pressione fiscale.la necessità di intraprendere un percorso virtuoso nella corretta allocazione delle risorse pubbliche, si sottolinea l’esigenza di intervenire sulla componente di spesa improduttiva, salvaguardando le risorse destinate agli investimenti, allo sviluppo e ai servizi essenziali ai cittadini. In tal senso è opportuno che, l’emanando decreto ministeriale previsto in materia, intervenga sul processo di taglio ai trasferimenti individuando misure programmatiche tali da orientare le politiche di riequilibrio degli enti locali a fronte delle minori risorse disponibili. In questo modo sarà infatti possibile contenere gli effetti depressivi dei mancati trasferimenti sulle economie e sui servizi territoriali, evitando al contempo un aumento della pressione fiscale.

 

8) La facoltà concessa dell’ANAS di introdurre pedaggi per autostrade e raccordi autostradali affidati alla sua gestione, sarebbe opportuna una riflessione sugli impatti in termini di costi per le PMI del trasporto su strada.determina un incremento dei costi per il trasporto su strada. Considerate le difficoltà in cui versa il comparto, si rischia di introdurre un ulteriore elemento di penalizzazione per le imprese.

 

9) Le misure di contrasto all’evasione fiscale rappresentano una priorità assoluta. Tuttavia, l’introduzione di meccanismi  eccessivamente automatici sulla tracciabilità dei pagamenti, cui ricondurre accertamenti induttivi del reddito, potrebbero risultare troppo invasivi nei confronti dei cittadini da un lato e, dall’altro, ancora una volta punitivi verso alcune specifiche categorie produttive che già realizzano forme apprezzabili di compliance fiscale attraverso il sistema ben rodato degli studi di settore, come testimoniato dalla costante crescita dell’imponibile medio dichiarato negli ultimi anni di imposta.

Gli studi di settore hanno consentito all’amministrazione di avere una perfetta conoscenza dei profili di rischio, e quindi di evasione, delle piccole imprese altrettanto andava fatto nei confronti di altri importanti segmenti imprenditoriali. Va, quindi, nella giusta direzione la previsione di una specifica attività di controllo nei confronti delle imprese in perdita “sistemica” e per i soggetti fuori dall’applicazione degli studi di settore, come, pure, una più attenta verifica nei confronti delle imprese “apri e chiudi”.

Va evitato, comunque, che si stratifichino una serie di nuovi ed ulteriori adempimenti in controtendenza con l’obiettivo europeo di ridurre i costi amministrativi del 25% entro il 2012. In tal senso va meglio definito il campo di applicazione della disposizione che obbliga alla trasmissione telematica delle operazioni rilevanti ai fini Iva di importo superiore a 3.000 euro, evitando in tutti i modi, che l’obbligo scatti anche nei confronti di operazioni certificate mediante scontrino o ricevuta fiscale. Si segnala, inoltre, che l’introduzione della ritenuta del 10% da operarsi da parte delle banche e delle Poste Italiane Spa all’atto dell’accredito dei pagamenti relativi ai bonifici disposti dai contribuenti per beneficiare di oneri deducibili o detraibili, appare assolutamente non necessaria essendo, per tali operazioni, già attualmente perfettamente garantita una loro “tracciabilita” che mette l’amministrazione finanziaria nella possibilità di effettuare gli opportuni controlli. Inoltre, si segnala, che la ritenuta del 10% appare, in ogni caso, troppo elevata su attività d’impresa i cui margini, spesso, non garantiscono una remunerazione di tale ammontare.

Per quanto concerne la preclusione alla compensazione in presenza di debiti su ruoli definitivi, la norma condivisibile nella sua finalità, andrebbe, con grande senso civico, estesa alla più generale compensazione dei crediti che le imprese vantano nei confronti della P.A.  Desta preoccupazione, invece, la riforma del redditometro, non tanto per la filosofia di fondo che sottende lo strumento – appare logico che le spese siano sintomo di reddito – quanto, invece, per le modalità operative di attuazione. Il maggior impulso all’accertamento sintetico va coniugato con la massima garanzia per i contribuenti sulla possibilità di fornire prova contraria evitando ogni arbitrarietà.

Vanno meglio delineati i profili del nuovo quarto comma dell’articolo 38 del D.P.R. n. 600 del 1973, specificando  la relazione tra spesa e reddito. Relazione che, ad ogni modo, non può prevedere che ad una spesa corrisponda un reddito superiore alla medesima ed, inoltre, vanno definite le tipologie di spese significative che possono innescare l’accertamento a mezzo redditometro. La disposizione, così come formulata, appare, infatti, troppo indeterminata e senza alcuna garanzia di uniformità di trattamento da parte dei diversi Uffici dell’Agenzia delle entrate. Peraltro, lasciando a vantaggio dei contribuenti tutti i vigenti meccanismi normativi idonei a fornire la prova contraria. Il redditometro, inoltre,  deve rappresentare  uno strumento in grado di operare una severa  lotta al fenomeno degli evasori totali, ossia nei confronti di coloro che a fronte del sostenimento di spese ragguardevoli  appaiono, nei confronti del fisco, come nullatenenti, magari non presentando alcuna dichiarazione dei redditi. Si tratta di un fenomeno particolarmente grave che determina forti sperequazioni, conferendo un vantaggio competitivo (l’evasione completa dei tributi), da evitare con ogni mezzo. Inoltre, riteniamo sia necessario ripristinare la regola che ai fini dell’applicabilità dell’accertamento sintetico occorre che il contribuente dichiari un reddito inferiore ai parametri o alla spesa sostenuta per almeno due periodi d’imposta. È necessario che dei risultati dell’applicazione del redditometro, che stando alle intenzioni sarà utilizzato massicciamente, venga garantita la conoscibilità e venga prevista, in sede di prima applicazione, una fase sperimentale.

Va anche assicurato che nei confronti dei soggetti ai quali sono applicabili gli studi di settore sia, prioritariamente, utilizzato tale metodo di accertamento. Riteniamo, infatti, che per i medesimi soggetti gli elementi rilevanti per l’accertamento sintetico, possano essere utilizzati quali ulteriori elementi utili ad avvalorare la presunzione insita nella mancata congruità dei ricavi stimati. Si concorda con la una più massiccia partecipazione dei Comuni all’attività di accertamento tributario assicurando che l’amministrazione terrà conto, unicamente, delle segnalazioni fornite dai Comuni dotate dei requisiti previsti dal terzo comma dell’articolo 44 del D.P.R. n. 600 del 1973. Per quanto riguarda il rafforzamento della riscossione al momento dell’emissione dell’avviso di accertamento appare evidente che già, con gli strumenti attuali, gli effetti sostanziali della disciplina venivano ad esplicitarsi e che, le nuove modalità garantiscono, però, una maggior rapidità della riscossione all’amministrazione. A tal riguardo, deve essere assicurata, da parte dello Stato, altrettanta rapidità nella restituzione, al termine di contenziosi di somme indebitamente riscosse e, più in generale, dei crediti vantati da imprese e famiglie nei confronti dell’erario.

 

10) E’ positiva la “proroga” delle misure di incentivazione del salario variabile. Con riferimento, invece, allo sgravio contributivo si sottolinea che, pur condividendo la “proroga” di una misura fondamentale per consentire la più ampia affermazione della contrattazione di secondo livello, occorre superare il contingentamento delle risorse a tal fine previste. All’impegno profuso dalle parti sociali nell’esercizio della contrattazione deve corrispondere la certezza di poter conseguire sgravi contributivi preventivamente definibili nel loro ammontare e non variabili in funzione di elementi quantitativi indipendenti dalle performance delle realtà produttive. Diversamente si corre il rischio di depotenziare il secondo livello di contrattazione che, come noto, ha il compito fondamentale di redistribuire gli incrementi di produttività del lavoro. Sarebbe, peraltro, opportuno consentire alle imprese una maggiore flessibilità nell’uso dello strumento della detassazione dei premi di produttività, consentendo la prosecuzione degli effetti delle attuali norme riguardanti lo sgravio della contrattazione di produttività su base individuale.

 

11) Vanno nella giusta direzione gli interventi volti a favorire lo sviluppo delle attività economiche nel Mezzogiorno; positiva la possibilità di rimodulazione dell’imposizione IRAP per le nuove imprese, anche se, costituendo una norma di indirizzo, rischia di rimanere inattuata se non orientata fortemente da politiche economiche volte al recupero competitivo delle regioni meridionali.. Così come appare condivisibile l’istituzione delle zone a “burocrazia zero”, principio che a nostro avviso potrebbe essere esteso all’intero territorio nazionale.

 

12) Il provvedimento sulle reti di imprese rileva una specifica attenzione e un riconoscimento dell’importanza del tema. Vediamo con favore il sostegno di questi processi attraverso forme di agevolazioni fiscali, amministrative e finanziarie. Tuttavia i criteri e le condizioni di eleggibilità, che saranno definite dall’Agenzia delle entrate, non devono essere discriminanti o penalizzati per le imprese più piccole o per le loro aggregazioni, creando barriere all’accesso o eccessivi oneri amministrativi.

 

13) Non meno rilevante è la necessità che venga confermata della detrazione del 55% delle spese per la riqualificazione energetica degli edifici, anche in ragione degli ultimi dati emersi dalla ricerca ENEA dai quali risulta un saldo positivo per le entrate dello Stato.

 

Considerazioni conclusive

R.eTe. Imprese Italia valuta positivamente l’adozione di queste prime misure volte a riqualificare i capitoli di spesa pubblica corrente, troppo spesso contagiati dal virus della cattiva gestione e dall’incapacità di affermare anche nel pubblico quei criteri di efficienza e di produttività che, invece, rappresentano gli anticorpi che consentono alle PMI e all’impresa diffusa di competere quotidianamente sui mercati.

Occorre valutare, però, i contenuti e l’impatto della manovra non soltanto in relazione alla capacità di contenimento della spesa ma anche rispetto ai suoi potenziali effetti di rilancio della crescita del Paese, attraverso la valorizzazione dei principi di legalità, efficienza e sviluppo.

Seppure sianoono presenti nella manovra elementi che dovrebbero incrementare il tasso di legalità e correttezza fiscale nelle relazioni economiche e migliorare l’efficienza del funzionamento della macchina pubblica, a giudizio di R.eTe. Imprese Italia si potrebbe conseguire una maggiore efficacia della manovra se la riduzione dei trasferimenti agli Enti locali tenesse conto delle specificità territoriali e delle performance degli enti territoriali nel controllo della spesa. In altri termini, occorrerebbe prevedere dei meccanismi di gradualità del Patto di stabilità interno al fine di non penalizzare quelle realtà di Governo locale che presentano i conti in ordine, introducendo, invece, strumenti e regole di indirizzo più stringenti per quelle Amministrazioni che presentano manchevolezze nel controllo della spesa corrente o incapacità del suo contenimento.

Un altro aspetto relativo ai pilastri della  legalità e dell’efficienza, riguarda i rapporti tra Amministrazioni pubbliche e sistema delle imprese. Riteniamo che ridurre l’enorme dilatazione dei tempi di pagamento della P.A. verso i fornitori – per ricondurli entro i limiti fisiologici della pratica degli affari - costituirebbe un passo importante per affermare il principio di reciprocità delle buone pratiche di correttezza tra gli operatori economici: favorirebbe certamente una maggiore compliance fiscale.

Sul fronte della semplificazione dei livelli di governo, a giudizio di R.eTe. Imprese Italia, si potrebbe procedere nel senso di una maggiore autonomia decisionale delle Istituzioni preposte all’amministrazione dei territori, lasciando al livello di governo gerarchicamente sovraordinato la facoltà di decidere come procedere per un accorpamento o soppressione dei livelli di governo subordinati. L’esercizio dell’autonomia decisionale degli enti decentrati in materia di amministrazione del territorio può sortire positivi e rilevanti effetti economici di contenimento della spesa pubblica.

A tal proposito e nell’ottica di una maggiore efficienza della pubblica amministrazione nell’erogazione dei servizi alle famiglie e alle imprese, sarebbe auspicabile individuare quei meccanismi normativi capaci di assicurare una valorizzazione della “gestione associata” dei servizi da parte dei piccoli Comuni – dalla raccolta dei rifiuti all’erogazione di energia elettrica, dalla distribuzione dell’acqua potabile alla manutenzione di asili, scuole, impianti sportivi - in modo da creare una sorta di “municipalizzate sovracomunali” o consorzi che favorirebbero il conseguimento di risparmi di spesa e una migliore erogazione dei servizi.

Rispetto ai temi della legalità e dell’efficienza, nella manovra di finanza pubblica resta in secondo piano la questione dello sviluppo. Tenuto conto delle persistenti difficoltà in cui versano molti settori produttivi, si rende necessario adottare interventi che, nel breve periodo, consentano alle imprese di poter disporre di efficaci strumenti per uscire dalle secche della crisi e agganciare la ripresa. In questa direzione R.e.Te Imprese Italia sta lavorando con le banche ed il Governo per la proroga dell’Avviso Comune per la sospensione dei debiti delle piccole e medie imprese verso il sistema creditizio. Nell’ambito degli strumenti di sostegno alla crescita, resta centrale, infatti, la relazione tra il sistema bancario e la piccola e media impresa e l’impresa diffusa. Su questo fronte, R.eTe. Imprese Italia evidenzia l’esigenza di individuare apposite misure volte a sostenere il processo di patrimonializzazione dei Confidi, sempre più decisivi nel rapporto tra banche e imprese.

Al di là degli aggiustamenti congiunturali dei saldi, è auspicabile, dunque, che la manovra possa gettare le basi per impostare un’efficace azione strutturale di lungo periodo.

Questo è infatti il momento di adottare riforme incisive e scelte coraggiose che vadano nella direzione di liberare le energie dell’economia e di abbassare la pressione fiscale per imprese e famiglie.

 

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