Italia: per competere "meno fisco e più mercato"

Italia: per competere "meno fisco e più mercato"

Secondo il Fondo monetario internazionale fisco pesante, eccessiva specializzazione nel settore manifatturiero e lenta ristrutturazione del sistema produttivo frenano la competitività dell'Azienda Italia.

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28 aprile 2008
Italia: per competere “meno fisco e più mercato�

Italia: per competere “meno fisco e più mercato�

 

Fisco pesante, eccessiva specializzazione nel settore manifatturiero e lenta ristrutturazione che riformi il sistema produttivo: la competitività dell’Azienda Italia langue. Anche un’industria come quella turistica che dato il patrimonio disponibile potrebbe prosperare, invece soffre. L’analisi del Fondo Monetario internazionale è chiara: per diventare competitiva e non perdere ulteriore quote di mercato l’Italia deve agire. E margini di miglioramento esistono.

Il nostro Paese, così come la Grecia, vanta punteggi non lusinghieri nei fattori che determinano l’attrattività di un Paese per gli investimenti esteri, e cioè le variabili politiche (restrizioni, accordi vigenti nel mercato del lavoro e normative nel mercato dei prodotti) e quelle non politiche (come la distanza dal Paese che vuole investire e la grandezza geografica). “Italia e Grecia sono piazzate rispettivamente all’82mo e al 109mo posto� nella classifica dei 175 Paesi analizzati dalla Banca Mondiale per la facilità di fare business, constata il Fmi evidenziando come l’Italia ha una delle più rigide normative di tutela dei lavoratori, insieme a Francia, Grecia, Portogallo e Spagna. “Francia e Italia sono fra i Paesi col maggior peso fiscale�, aggiunge il Fondo, che analizza appunto la situazione in questi quattro Paesi del Mediterraneo con un rapporto dedicato alla loro competitività. “Tutto questo implica che Italia, Francia, Grecia, Spagna e Portogallo possono rendersi più attraenti sul fronte degli investimenti esteri migliorando il proprio contesto�, scrive l’Istituto osservando come riducendo le restrizioni al mercato dei prodotti fino al livello del Regno Unito potrebbe comportare un aumento degli investimenti esteri rispetto ai livelli degli anni ‘90.

Il Fondo osserva inoltre come Italia, Francia, Spagna, Grecia e Portogallo siano divenute, nel corso del tempo, più integrate nel mercato unico europeo e nell’economia globale. E questo anche grazie alla maggiore apertura del commercio. Insomma i Paesi del sud dell’area euro hanno di fronte buone opportunità di cui approfittare, ma esiste il rischio che queste chance sfuggano via a causa della lenta ristrutturazione della struttura produttiva. “La specializzazione nel settore manifatturiero caratterizza tutti e cinque i Paesi oggetto dello studio e sembra avere conseguenze altalenanti sulla crescita dell’export�. Per l’Italia gli effetti “sono abbastanza negativi�.

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