L'Audizione presso la Commissione Lavoro della Camera

L'Audizione presso la Commissione Lavoro della Camera

DateFormat

13 aprile 2010

 

DISEGNO DI LEGGE C. 1441-QUATER-D

 

(Delega al Governo in materia di lavori usuranti e di riorganizzazione di enti, misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro)

 

 

CAMERA DEI DEPUTATI

 

XI COMMISSIONE LAVORO PUBBLICO E PRIVATO

 

Audizione del 13 aprile 2010

 

 

Il Disegno di legge in esame, noto come  “Collegato Lavoro”,  interviene in maniera incisiva  sulla disciplina dei rapporti di lavoro, riformando significativamente numerose norme ed istituti del diritto del lavoro.

Nelle audizioni in passato  svoltesi sul provvedimento, nel corso del suo iter, le scriventi Confederazioni, pur con alcune osservazioni critiche indirizzate a specifici aspetti (in particolare, sull’esclusione dei lavoratori autonomi dall’ambito di applicazione della delega sui lavori usuranti), hanno tuttavia positivamente valutato il respiro riformatore delle norme.

In particolare, è stato espresso apprezzamento per l’obiettivo di riformare la tematica delle controversie di lavoro.

Le presenti note verteranno, pertanto, sul tema delle nuove norme in materia di conciliazione ed arbitrato, fatte oggetto del Messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

L’obiettivo da tutti condiviso è che occorre alleggerire il contenzioso del lavoro, per avere una giustizia del lavoro rapida e certa.

Le cause pendenti in materia di lavoro sono circa 1,2 milioni. La durata media di un procedimento è di 1.530 giorni, cioè 4 anni, 2 mesi e 10 giorni. Di questi, 696 giorni sono spesi  per il primo grado di giudizio e altri 863 per il secondo grado.

Si tratta, quindi, di un problema grave, perché rallenta lo sviluppo del sistema economico, non dà certezza del diritto, non offre tutele ai lavoratori, allontana il nostro Paesi dagli standard europei.

Ecco perché il mondo delle imprese, ed in particolare quello delle piccole e medie imprese, vede con grande favore ogni novità legislativa finalizzata ad alleggerire i tempi del contenzioso del lavoro, tempi che, tra l’altro, determinano insopportabili costi aggiuntivi soprattutto a danno proprio delle piccole e medie imprese.

In questo senso, l’utilizzo dello strumento dell’arbitrato, debitamente riformato, può contribuire notevolmente alla deflazione della enorme mole di procedimenti.

Si tratta, del resto, di introdurre nel nostro Paese un sistema di tutele parallele dei diritti nel mondo del lavoro, attraverso una giustizia non togata, come accade negli altri  Paesi Occidentali più avanzati.

L’esperienza ci ha insegnato che le riforme in materia non possono essere improntate ad un mero approccio di tipo formalistico, che non funziona, come ha dimostrato l’istituto del tentativo obbligatorio di conciliazione, giustamente superato dal Collegato Lavoro. Tale strumento, considerato dal legislatore come una mera condizione di procedibilità, prevedeva  che, decorsi 60 giorni dalla ricezione dell’istanza (90 per i pubblici impiegati) la parte fosse libera di ricorrere al Giudice e, quest’ultimo aveva solo l’onere di verificare l’avvenuta decorrenza del termine prima della proposizione del ricorso. In pratica, il tentativo obbligatorio di conciliazione, da strumento di deflazione del contenzioso, era diventato un ulteriore elemento di allungamento del processo, poiché l’avvocato, dopo avere inoltrato l’istanza per il formale tentativo, predisponeva il ricorso e, decorsi 60 giorni, lo depositava.

Si è parlato di un istituto specifico - come il tentativo obbligatorio di conciliazione -  soltanto per dare un esempio di come, al di là dei tentativi pure ispirati da buone intenzioni, per incidere realmente sulla durata del processo del lavoro occorrono riforme realmente innovative.

Il nostro ordinamento ha sempre previsto la possibilità di devolvere le controversie in materia di lavoro ad un arbitro o ad un collegio arbitrale.

E, del resto, in molti hanno sempre sostenuto che il principale filtro per deflazionare il contenzioso davanti al giudice  del lavoro avrebbe potuto essere l’arbitrato.

La vera novità del Collegato lavoro va riferita al fatto che le parti possono decidere di rendere impugnabile il lodo solo per invalidità procedurali (violazione arbitrale, eccesso dal mandato, nomina degli arbitri in difformità della convenzione, incapacità legale degli arbitri, violazione del principio del contraddittorio). Il lodo, in base alla sola decisione delle parti, può quindi essere soggetto ad un regime di delimitata impugnabilità. Il che permette di inquadrare con più attenzione il tema dell’equità. Da questo punto di vista, appare fondamentale ritenere legittimo il ricorso all’equità , per la giustizia non togata, nella gestione dei diritti scaturenti dal rapporto di lavoro, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento.

Prevedere, infatti, una giustizia arbitrale che non possa giudicare secondo equità  è un assurdo giuridico.

Naturalmente, occorre che la decisione di ricorrere ad un collegio arbitrale, anziché al Giudice togato sia sempre lasciata alla libera volontà delle parti, espressa attraverso contratti o accordi collettivi, ovvero attraverso pattuizioni individuali.

Il Presidente della Repubblica, nel Messaggio alle Camere  a norma dell’art. 74 della Costituzione con il quale ha chiesto una nuova  deliberazione, ha richiamato le previsioni contenute nell’articolo 31 del disegno di legge, che modificano in modo rilevante le disposizioni sul tentativo di conciliazione e sull’arbitrato nelle controversie individuali di lavoro.

Tali norme introducono varie modalità di composizione dei contenziosi alternativi al ricorso al giudice e rafforzano le competenze di certificazione dei contratti di lavoro affidate alle Parti.

 

In merito, le scriventi Confederazioni, anche alla luce di tutto quanto sopra riportato, non possono che ribadire la necessità, nel nostro ordinamento, di una modalità di definizione più celere delle controversie, contestualmente alla istituzione di strumenti atti a prevenirne l’insorgere, nel rispetto dei principi di volontarietà del ricorso all’arbitrato e dei precetti costituzionali.

Rispetto al punto, estremamente delicato, della possibilità, prevista dal Collegato Lavoro, di inserire nel contratto individuale di lavoro (e, quindi, al momento dell’assunzione),  clausole compromissorie  riguardanti le controversie relative alla risoluzione del rapporto di lavoro, le scriventi Confederazioni hanno già espresso in maniera chiara la propria posizione attraverso la sottoscrizione, avvenuta in data 11 marzo 2010 - quindi prima della stessa possibile pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del provvedimento - di una Dichiarazione Comune tesa proprio ad escludere tale possibilità.

Pertanto, le scriventi Confederazioni  ritengono che i contenuti della suddetta Dichiarazione Comune possano essere inseriti nel testo della legge e ciò anche per evitare sterili discussioni o strumentalizzazioni su tematiche, quali l’art. 18 della legge n. 300 del 1970, che appaiono inconferenti rispetto alle questioni in esame e che  potrebbero bloccare l’agenda del Paese su temi che, in questo momento, non appaiono  prioritari per le imprese ed i  lavoratori.

In conclusione, proprio perché i lunghi tempi della giustizia italiana incidono sui fattori di  competitività del Paese e sui diritti dei lavoratori, riteniamo che lo strumento dell’arbitrato abbia una sua utilità intrinseca in termini di possibile riduzione della durata del contenzioso. Parimenti, va sottolineata anche la necessità di promozione dello strumento contestualmente alla valorizzazione del ruolo delle Parti Sociali. A giudizio delle scriventi organizzazioni risulta  evidente, infatti, che il potenziamento degli strumenti stragiudiziali, quali la conciliazione e l’arbitrato, accanto all’introduzione di previsioni più stringenti in relazione alla certificazione dei contratti di lavoro attraverso gli enti bilaterali, introducono importanti elementi di riflessione in ordine agli indirizzi e alle prospettive concernenti la regolamentazione dei rapporti di lavoro. Parimenti, si profilano nuovi e significativi ambiti di intervento per le Parti Sociali che saranno chiamate a svolgere un ruolo fondamentale nell’individuazione dei punti di equilibrio tra gli interessi rappresentati, al fine di costruire efficacemente i presupposti di sviluppo degli strumenti alternativi alla giustizia ordinaria.

Banner grande colonna destra interna

Aggregatore Risorse

ScriptAnalytics

Cerca