La questione del terziario tra produttività e flessibilità

Il “Riformistaâ€� ha ospitato in questi giorni le riflessioni di Francesco Rivolta e di Michele Tiraboschi sulla cosiddetta questione del terziario. Una questione che nel nostro Paese, dove rimane forte l’impronta industrialista, sembra rimanere irrisolta. Per il presidente della Commissione Lavoro Confcommercio Rivolta, infatti, “in Italia il settore, che con le sue diverse dimensioni d’impresa e la particolarità dei suoi addetti genera il 65% del Pil,  viene fortemente penalizzato da un progressivo ritorno ad una legislazione pensata sul modello dell’organizzazione fordista del lavoroâ€�. “Confcommercio â€" osserva Rivolta â€" non ha sottoscritto il protocollo sul Welfare perché chiamata a cose fatte su scelte dettate da logiche che non le appartengono e che non condivide, come quelle sulla previdenza o come quelle sul lavoro che, seppur minime per altri settori, appaiono penalizzanti per il terziarioâ€�. Secondo Rivolta, “il valore aggiunto del terziario è la capacità di offrire al meglio il servizio. Se la aziende del settore non sono messe in condizione di offrire il servizio ed il prezzo che soddisfa e risponda efficacemente alle esigenze del cliente, esse perdono anche la loro capacità di garantire stabilità e futuro a coloro che vi lavoranoâ€�. Rivolta affronta poi il problema del rinnovo del contratto nazionale del commercio, sottolineando che le trattative sono ferme a causa delle eccessive richieste dei sindacati: “la piattaforma sindacale  arriva a costare complessivamente quasi il 9% di incremento di costo. Non possiamo ipotizzare insieme aumenti, costi aggiuntivi e irrigidimenti. Per riprendere il dialogo è necessaria una sintesi accettabile tra le numerose, disparate richieste contenute nella piattaforma e coniugare un eventuale aumento con un recupero di flessibilità oraria o di produttività misurabileâ€�. “Il settore del terziario- ha concluso rivolta â€" ha esigenze fisiologiche che vanno colte; occorre lavorare per evitare le distorsioni e gli abusi, non per tornare indietroâ€�. Il giuslavorista Michele Tiraboschi, raccoglie le preoccupazioni di Rivolta sottolineando che nel Protocollo sul Welfare il governo “ripropone inequivocabilmente un modello culturale di riferimento, quello industrialista proprio della fabbrica fordista-taylorista incentrata su rapporti di lavoro statici e standardizzati che soprattutto dopo la riforma del contratto di lavoro a tempo determinato del 2001, si credevano superatiâ€�.  Secondo Tiraboschi dunque una concezione di questo tipo penalizza soprattutto il settore del terziario, “dove al centro del sistema c’è il cliente e non questo o quel prodotto, ma il servizio e, conseguentemente, i variabili modelli organizzativi che sono diretti a realizzarlo nel modo più efficiente e dinamicoâ€�. Tiraboschi fa quindi riferimento al Libro verde della Commissione Europea sulla modernizzazione del diritto del lavoro. “Il Libro verde- osserva Tiraboschi â€" è netto nel prospettare uno scenario di regole semplici e adattabili, maggiormente in sintonia con le dinamiche del terziario sul presupposto che gli obiettivi di tutela del lavoro non sono una variabile astratta ma anch’essi devono coniugarsi e coordinarsi nella nuova economia con le esigenze di flessibilità e competizione delle impreseâ€�. “Si spiega così â€" conlude Tiraboschi â€" perché il Libro verde e anche i più recenti documenti sulla flexicurity parlino senza reticenze della necessità di maggiore flessibilità del lavoro anche in uscitaâ€�.