Le proposte di Confcommercio sul federalismo

Le proposte di Confcommercio sul federalismo

Sono cinque le linee guida del documento sul titolo V della Costituzione elaborato nel corso del seminario svoltosi a Cortina. Billè: "la riforma federalista è una svolta epocale che deve aumentare la competitività e lo sviluppo della nostra economia".

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17 gennaio 2002

Le proposte di Confcommercio sul federalismo

 

Necessità che il periodo transitorio non riduca o blocchi le attività ordinarie delle imprese; mantenere in questo stesso periodo, fino a quando le Regioni no n interverranno con proprie leggi, un ruolo di coordinamento delle Stato; non solo decentramento dallo Stato agli enti locali ma anche dallo Stato ai corpi intermedi, per ridurre l'ingerenza dello Stato stesso nel mercato; corretta elaborazione degli Statuti regionali come garanzia di un Federalismo efficiente; il Federalismo fiscale come perno della Devolution: queste le linee guida del documento di Confcommercio sul titolo V della Costituzione emerse da l seminario sul Federalismo svoltosi a Cortina.

Il documento è frutto di due giorni di lavoro svoltisi presso l'Hotel Cristallo. Nella giornata di apertura si è svolta una riunione riservata al Sistema Confcommercio, dedicata al tema "Le imprese e la Repubblica delle Regioni: incognite e opportunità". In quella conclusiva, invece, è stata la volta di una tavola rotonda aperta al pubblico nella quale il Presidente di Confcommercio Sergio Billè, l'economista ed europarlamentare Renato Brunetta e Carlo Sangalli, Presidente di Unioncamere, hanno dibattuto su "Istituzioni e sistemi economici tra globalizzazione e localismo".

"Credo che la riforma federalista che si sta avviando in Italia – ha detto nel suo intervento il Presidente Billè - rappresenti una svolta epocale non meno significativa e meno importante di quella che, sotto l'egida della moneta unica, si sta realizzando o almeno si cerca di realizzare in Europa. Non si tratta insomma di trasferire soltanto funzioni e poteri dallo Stato alle Regioni, ma di cogliere tutta l'importanza di questa riforma per creare realtà nuove che sappiano evitare, in primo luogo, i macroscopici errori che lo Stato centralista ha compiuto nel corso di questi ultimi 50 anni e che hanno di fatto ridotto le capacità competitive della nostra economia e ritardato il nostro pr ocesso di sviluppo".

Billè ha puntato il dito in primo luogo sullo "sproporzionato, irragionevole tasso di burocrazia che ha reso sempre difficile e tortuoso il dialogo tra politica, Pubblica amministrazione e la parte attiva dell'economia, ma che ha anche pesantemente condizionato gran parte della legislazione di questo paese", invitando le Regioni a "cambiare la qualità delle risposte che la macchina pub blica riesce a dare al cittadino e all'impresa".

Altro errore macroscopico di questi anni, secondo il Presidente di Confcommercio, è stato "l'aver spesso affidato i poteri della gestione pubblica a burocrati di scarsa efficienza e capacità professionale che nel Mezzogiorno hanno provocato devastazioni". E' un bene, allora, che le Regioni abbiano istituzioni forti, ma debbono essere dotate anche di "strutture più agili, più moderne e che operino in diretta consonanza con la realtà economica che li circonda non ostacolando il processo economico unitario della nazione".

In che direzione, allora, deve andare il nuovo federalismo? Secondo Billè occorre in primo luogo "applicare per intero e per giusti fini il principio della sussidiarietà, che deve voler anche dire promuovere, in ogni modo possibile, l'autonomia delle formazioni sociali e dell'associazionismo privato, a cominciare da quello dell'impresa". Poi "deve essere fatta chiarezza sui pot eri che verranno trasferiti alle Regioni. Sul problema sicurezza, ad esempio, le proposte fino ad ora fatte sono incerte e spesso in contraddizione tra loro".

Infine, esiste il problema del federalismo fiscale, "materia ancora confusa e che, per questo, ci preoccupa". Per Billè "c'è bisogno di una legge dello Stato che stabilisca quali siano o dovranno essere i tributi propri delle Regioni e degli altri enti locali, quali le forme di compartecipazione e quali le modalità per il fondo perequativo. Quello fiscale e del conseguente potere di riscossione resta un problema aperto, vivo e, direi, cruciale. Se il federalismo si concretasse alla fine in un aumento della pressione fiscale dovuto alla somma di imposte statali e di imposte e tasse locali, credo che il danno si aggiungerebbe alla beffa. Ma mi auguro che la politica non faccia questo clamoroso errore perché questo sarebbe davvero un errore imperdonabile".

 

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