Lo scenario economico

Lo scenario economico

DateFormat

24 febbraio 2010

 

 

 

 

 

Allegato alla relazione dell’Audizione

 

La quantificazione delle diseconomie prodotte dalla criminalità organizzata sull’economia meridionale

 

 

 

LO SCENARIO ECONOMICO

 

A cura dell’ UFFICIO STUDI CONFCOMMERCIO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SUL FENOMENO DELLE MAFIE E SULLE ALTRE ASSOCIAZIONI CRIMINALI, ANCHE STRANIERE

 

COMITATO  MAFIE E SVILUPPO ECONOMICO NEL MEZZOGIORNO

 

Palazzo S. Macuto, 24 febbraio 2010

 

 

 

 

Il contesto macroeconomico e le previsioni regionali

Nel biennio 2008-2009 il prodotto interno lordo italiano ha subito una contrazione complessiva di quasi il 5,9%, fenomeno concentrato per la maggior parte, nello scorso anno. I territori hanno risposto – o meglio, hanno subito - con diversa intensità tale recessione. L’evidenza statistica ancora parziale e provvisoria, suggerisce che mentre nel passato eravamo abituati a osservare tassi di variazione delle grandezze economiche ridotti in valore assoluto e addensati attorno a medie piuttosto modeste, oggi la crisi enfatizza le debolezze e le virtù delle economie territoriali. Esse, di conseguenza si muovono, nella metrica dell’occupazione, del valore aggiunto o dei consumi, con dinamiche molto differenziate.

 

Tab. A - Il quadro macroeconomico interno

var.% in volume di periodo e annuali

 

2003-2007

2008

2009

2010

2011

PIL

1,2

-1,0

-4,9

0,9

1,0

Importazioni di beni e servizi fob

3,4

-4,5

-14,1

2,5

3,0

Spesa delle famiglie residenti

1,1

-0,9

-1,7

0,7

1,1

 - Spesa sul territorio economico

1,0

-1,0

-1,8

0,7

1,0

Spesa della P.A. e ISP

1,5

0,6

1,2

-0,1

0,3

Investimenti fissi lordi

1,3

-3,0

-12,6

0,7

1,9

Esportazioni di beni e servizi fob

2,9

-3,7

-19,2

4,3

3,2

Elaborazioni e previsioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat.   

 

Rimane il fatto che anche la passata recessione conferma che il paese perde di più in tempo di crisi e cresce meno dei partner in tempi di ripresa. Il quadro macroeconomico non presenta, quindi, sorprese (positive), né per il passato né in termini prospettici (tab. A).

           

La lettura per aree geografiche enfatizza una crisi decisamente più accentuata nel Mezzogiorno, dove le variabili di contesto e la scarsa propensione agli investimenti producono l’immagine di una recessione biennale ben superiore alla media del Paese. Le stesse prospettive di recupero appaiono addirittura più modeste. Il Mezzogiorno si distanzia ulteriormente dal resto del Paese facendo registrare nel solo 2009 una diminuzione del valore aggiunto del 6,6%,  un dato peggiore dl circa due punti percentuali da quello del Pil nazionale. Anche le stime delle prospettive di crescita indicano per il Sud una lieve ripresa ma con ritmi comunque inferiori al dato nazionale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tab.B  - Valore aggiunto, capitale nelle ripartizioni geografiche

var. % medie annue

valore aggiunto (in termini reali)

 

1996-00

2001-07

2008

2009

2010

2011

Nord-ovest

1,4

1,1

-1,1

-4,1

0,9

1,1

Nord-est

2,2

1,2

-0,6

-3,3

0,9

0,7

Centro

1,6

1,6

-0,6

-4,5

1,1

1,1

Sud e Isole

2,0

0,8

-1,1

-6,6

0,7

0,9

ITALIA

1,8

1,2

-0,9

-4,6

0,9

1,0

stock di capitale produttivo (in termini reali)

 

1996-00

2001-07

2008

2009

2010

2011

Nord-ovest

1,7

1,9

1,4

1,0

1,0

1,1

Nord-est

1,6

1,9

1,3

0,7

0,7

0,8

Centro

1,5

1,7

1,5

2,2

2,1

2,1

Sud e Isole

1,7

1,7

1,5

-1,0

-0,9

-0,8

ITALIA

1,6

1,8

1,4

0,7

0,7

0,7

Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat

 

 

 

Nel Sud del paese il contributo della formazione di capitale alla crescita economica è addirittura negativo a partire dal 2009, a significare che i nuovi investimenti lordi non sono sufficienti a coprire il deprezzamento dello stock installato. Ciò, ovviamente, limita le possibilità future di crescita della macro-area.

 

                            Per quanto riguarda l’evoluzione della produttività, la popolazione del Mezzogiorno cresce meno che nel resto del paese e in diverse aree si riduce. Quindi, è virtuale il migliore andamento del prodotto per abitante, per esempio nel periodo 1996-2008 (1,0% reale medio annuo contro lo 0,8% della media Italia; cfr. tab. C): sono ripresi, infatti, i flussi migratori interni che spostano capitale umano - presumibilmente più qualificato di quello che rimane - dal Mezzogiorno alle altre aree del paese. Nel 2008 - ma anche negli anni successivi - il valore aggiunto per abitante della regione più ricca, secondo questo indicatore, è superiore al doppio del valore aggiunto della più povera.

           

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tab. C - Valore aggiunto regionale per abitante

 

2008

 

 

 

1996-08

 

2009-11

 

in euro a

 

2008

 

 

v.m.a. in

 

v.m.a. in

 

prezzi correnti

 

Italia =100

 

termini reali

 

termini reali

Piemonte

25.855

 

109,5

 

0,5

 

-1,9

Valle D'Aosta

27.359

 

115,9

 

-0,2

 

-1,7

Lombardia

30.633

 

129,7

 

0,5

 

-1,1

Liguria

24.407

 

103,4

 

1,1

 

-1,2

Trentino-Alto Adige

29.278

 

124,0

 

0,4

 

-1,5

Veneto

27.666

 

117,2

 

0,8

 

-1,2

Friuli-Venezia Giulia

26.524

 

112,3

 

1,0

 

-1,0

Emilia Romagna

29.182

 

123,6

 

0,7

 

-1,6

Toscana

25.776

 

109,2

 

0,8

 

-1,9

Umbria

21.949

 

92,9

 

0,6

 

-2,0

Marche

24.000

 

101,6

 

1,2

 

-2,4

Lazio

27.928

 

118,3

 

0,9

 

-0,9

Abruzzo

19.538

 

82,7

 

0,7

 

-2,4

Molise

18.015

 

76,3

 

1,4

 

-1,7

Campania

14.899

 

63,1

 

0,9

 

-1,7

Puglia

15.504

 

65,7

 

1,2

 

-1,5

Basilicata

17.243

 

73,0

 

1,6

 

-2,2

Calabria

15.015

 

63,6

 

1,3

 

-2,0

Sicilia

15.188

 

64,3

 

0,9

 

-1,7

Sardegna

17.932

 

75,9

 

0,9

 

-1,9

Nord-ovest

28.613

 

121,2

 

0,6

 

-1,3

Nord-est

28.230

 

119,5

 

0,7

 

-1,4

Centro

26.249

 

111,2

 

0,9

 

-1,5

Sud

15.735

 

66,6

 

1,0

 

-1,8

ITALIA

23.615

 

100,0

 

0,8

 

-1,4

Elaborazioni e previsioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat.

           

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La distribuzione del valore aggiunto sul territorio

Guardando la composizione  settoriale delle attività produttive per area territoriale è certamente innegabile che il terziario rappresenti, in modo diffuso tra le regioni, l’attività economica più importante,  con una quota che a livello nazionale è cresciuta tra il 1995 e il 2008 da poco meno del 67% al 71%. A livello di ripartizione e di singole regioni l’elemento comune è rappresentato dal fatto che tutte le aree indistintamente presentano una quota di valore aggiunto dei servizi non inferiore al 60% già nella seconda metà degli anni ’90 e in tutte le aree è proseguito lo sviluppo di tali quote. Questa espansione delle attività terziarie si è accompagnata ad un graduale arretramento  delle attività industriali.

Il Mezzogiorno ha una quota del 76% di prodotto lordo proprio nei servizi, evidenziando una precisa vocazione in tal senso. Rimane piuttosto oscura la ragione per cui le politiche pubbliche privilegino ancora la direttrice industrialista per gli interventi nel mezzogiorno, trascurando la componente più vitale che si trova nei servizi e nel turismo in particolare.

La questione dello sviluppo ancorato al contesto territoriale  ed in particolare l’analisi delle relazioni che si stabiliscono tra impresa, sviluppo economico e territorio, assume un rilievo centrale soprattutto  per impostare coerenti ed efficaci politiche  di sviluppo  e di sostegno alla capacità competitiva delle imprese  e alla sua innovazione, specie se si tratta di piccole e medie imprese.

Il territorio, infatti, rappresenta l’insieme delle conoscenze competenze, risorse e regole che condizionano l’operare delle imprese e ne facilitano o ne ostacolano il processo di crescita.  Solo un territorio dove si è avviato un processo di riqualificazione è in grado di attrarre ma soprattutto trattenere imprese ben sapendo che un sistema imprenditoriale vivo e dinamico significa occupazione e sviluppo.

 

 

 

Tab. D – Quota del valore aggiunto dei servizi ai prezzi base a prezzi correnti

per grandi ripartizioni territoriali

 

 

 

1995

2008

Nord-ovest

61,5

67,7

Nord-est

61,5

65,4

Centro

72,7

76,6

Sud

72,4

76,0

ITALIA

66,4

71,0

Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il mercato del lavoro

La forza lavoro, ossia le persone su cui un territorio può contare per l’esercizio e lo sviluppo delle attività economiche perché occupate o alla ricerca attiva di un’occupazione, sono in Italia 24milioni e 940mila unità (ultima rilevazione III trim. 2009), contro una popolazione attiva (15-64 anni) di oltre 39 milioni.

Rapportando i due dati si ottiene il tasso di attività da cui si evince la propensione al lavoro della popolazione attiva che risulta pari, a livello nazionale, al 63% con forti differenziazioni sul territorio.

Mentre nel Nord e nel Centro l’indicatore risulta in crescita negli ultimi anni arrivando a superare il 70% in alcune realtà, Trentino-Alto Adige ed Emilia Romagna, nel Mezzogiorno le persone che appartengono alle forze lavoro sono solo il 52,4% della popolazione attiva, con regioni come la Campania che non raggiungono neanche il 50%.

E’ importante notare come, tra il 2000 ed il 2009, in molte realtà del meridione la quota di popolazione attiva che si colloca sul mercato del lavoro sia diminuita, segnalando un processo inverso a quello in atto in molte realtà del Centro-nord, con un conseguente ampliamento dei divari.

 

Tab. E - Tasso di attività % (15-64 anni)*

 

2000

2005

2008

2009(**)

Nord-ovest

64,6

67,6

69,2

69,0

Nord-est

67,0

68,8

70,3

69,7

Centro

62,1

65,2

66,9

66,7

Sud

54,8

53,6

52,4

51,1

ITALIA

61,0

62,4

63,0

62,4

(*) Rapporto tra le forze lavoro e la popolazione 15-64 anni; (**) Media dei tre trimestri.

Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati ISTAT - Forze di lavoro

E’ evidente che dove il mercato del lavoro è più dinamico e, quindi maggiori sono le possibilità di trovare un impiego, la popolazione è maggiormente occupata o incentivata a cercare un lavoro e, al contrario, dove le opportunità sono minori può intervenire l’effetto scoraggiamento che induce a non cominciare o proseguire la ricerca. La dinamica del tasso di attività nel Mezzogiorno implica un accentuarsi del problema che lega offerta di lavoro e prodotto lordo del paese nel complesso. E’ infatti proprio nelle aree caratterizzate da disoccupazione relativamente elevata e crescita della popolazione che si può, in teoria, trovare adeguate risorse aggiuntive da mettere all’interno del processo produttivo. Invece, le suddette dinamiche evidenziano una strozzatura difficile da superare.

 

Le forze di lavoro dal 2000 al 2009 sono cresciute del 5,7% a livello nazionale, mentre nel Sud sono calate del 6,2%, soprattutto per la contrazione delle persone in cerca di occupazione. Alla sensibile riduzione registrata tra il 2000 ed il 2009 del numero di disoccupati nel Mezzogiorno, con un conseguente e deciso ridimensionamento del tasso di disoccupazione, non ha peraltro corrisposto ad un miglioramento analogo sul versante degli occupati. Le minori possibilità offerte dal mercato hanno comportato un effetto scoraggiamento ed una ripresa dei flussi migratori interni riducendo lo stock di offerta di lavoro.

 

 

 

 

Tab. F - Forze di lavoro 2000-2009

migliaia, var. % e composizione %

 

forze di lavoro

 

composizione %

 

2000

2009(*)

2000-2009

 

2000

2009(*)

 

migliaia

migliaia

var.%

 

%

%

%

%

 

 

 

 

 

occupati

disoccupati

occupati

disoccupati

Nord-ovest

6.639

7.262

9,4

 

94,2

5,8

94,5

5,5

Nord-est

4.836

5.292

9,4

 

95,9

4,1

95,5

4,5

Centro

4.458

5.192

16,5

 

91,9

8,1

93,1

6,9

Sud

7.665

7.193

-6,2

 

81,2

18,8

87,7

12,3

ITALIA

23.598

24.939

5,7

 

89,9

10,1

92,5

7,5

            (**) Media dei tre trimestri.

            Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati ISTAT - Forze di lavoro.

 

In passato, la persistenza della disoccupazione su livelli elevati aveva costituito uno dei maggiori problemi dell’economia italiana e, in generale, di quelle europee. Oggi l’obiettivo è l’innalzamento della partecipazione, nonché la valorizzazione e l’utilizzazione del potenziale di capitale umano, con riferimento a particolari gruppi di popolazione.

 

Il problema principale è diventato, dunque, quello di allargare la platea di popolazione in età attiva effettivamente occupata o che comunque vuole inserirsi nel mercato del lavoro, e di migliorarne le competenze professionali.

La ridotta partecipazione dei giovani al mercato del lavoro, ad esempio, non può essere ascrivibile interamente all’incremento del tasso di scolarizzazione, ma riflette sia le debolezze della rete formativa italiana, che presenta standard qualitativi inferiori ad altri paesi, sia le debolezze del sistema di transizione scuola-lavoro, e questo coinvolge soprattutto i giovani del Mezzogiorno.

 

Le imprese sul territorio

Oggi il sistema imprenditoriale in Italia è composto da oltre 6 milioni di imprese registrate presso l’Anagrafe delle Camere di Commercio. Dal punto di vista della geografia economica va evidenziato  anzitutto che il Nord  è l’area dove si concentra  il maggior numero di imprese (il 46% del totale) mentre il 33% opera nelle regioni del Sud  e il 21% nel Centro. Tra il 2000 e il 2009  tutte le regioni, con poche eccezioni, hanno registrato  tassi di crescita positivi,  più marcati in alcune regioni del Centro-Sud.

L’esame dei dati dal punto di vista dei settori economici evidenzia il calo generalizzato delle imprese del settore agricolo; il settore industriale cresce complessivamente del 12,8%; i servizi che rappresentano oltre il 53% di tutte le imprese sono cresciuti del 13,2%. Rispetto al dato nazionale il Centro e il Sud  hanno registrato  gli incrementi più elevati (segnatamente il 17,1% e il 15,5%) riflettendo in questa evoluzione  la necessità di ampliare la rete di offerta di servizi ( dal commercio, alle attività legate al  turismo, ai servizi alle imprese) che è ancora insufficiente, specialmente in quelle aree  dove la domanda è in potenziale espansione. Tuttavia nel biennio 2008 – 2009 tale trend di crescita si è arrestato, palesando, anzi, problematici casi di riduzione del numero di imprese, soprattutto nell’ambito dei centri storici.

 

 

Tab. G- Le imprese registrate per settore di attività per grandi ripartizioni territoriali

(stock 2009 e var. % 2000 – 2009)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AGRICOLTURA

INDUSTRIA

SERVIZI

NON CLASSIFICATE

TOTALE

 

Stock                      2009

Var. % 2000-

2009

Stock                      2009

Var. % 2000-2009

Stock                      2009

Var. % 2000-

2009

Stock                      2009

Var. % 2000-2009

Stock                      2009

Var. % 2000-2009

Nord-ovest

137.367

-14,5

470.155

12,0

898.477

10,3

97.287

-3,1

1.603.286

7,2

Nord-est

204.179

-22,5

344.940

11,1

609.375

9,5

39.631

11,7

1.198.125

2,8

Centro

150.595

-13,9

344.683

15,0

709.641

17,1

73.991

-24,9

1.278.910

8,5

Sud

399.709

-15,3

448.766

13,4

1.011.011

15,5

145.298

26,4

2.004.784

7,9

ITALIA

891.850

-16,7

1.608.544

12,8

3.228.504

13,2

356.207

2,0

6.085.105

6,8

Elaborazione Ufficio Studi Confcommercio su dati Movimprese

 

 

 

 

 

 

 

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