PREZZI: BOTTA E RISPOSTA TRA PAOLO SAVONA E MARIANO BELLA

PREZZI: BOTTA E RISPOSTA TRA PAOLO SAVONA E MARIANO BELLA

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4 settembre 2008
11 calo di petrolio e grano CI ÒSTACOL4 DAVVERO TA DISCESA DEI PREZZI Chi ostacola davvero la discesa dei prezzi di PAOLO SAVO

Prezzi: botta e risposta tra Paolo Savona e Mariano Bella

 

La questione prezzi continua ad infiammare il dibattito pubblico. Sulle pagine del Messaggero l’economista Paolo Savona e il direttore dell’Ufficio Studi Confcommercio, Mariano Bella, hanno dato vita ad un interessante “botta e risposta”. Ad aprire le danze è stato Savona: “la gente comune, quella che fatica dalla mattina alla sera per far quadrare i propri bilanci, si domanda un po’ preoccupata e un po’ adirata il perché la consistente e rapida caduta del prezzo del petrolio grezzo che in questi giorni è stata registrata non si rifletta in un minore costo della benzina con pari rapidità e intensità con cui si trasmettono i rialzi. Lo stesso accade tra il prezzo del grano e quello del pane e della pasta”. “Il fenomeno – prosegue Savona - è ben noto agli economisti che lo chiamano anelasticità dei prezzi verso il basso. Alla gente comune poco importa come gli economisti chiamano ciò che essi considerano una ruberia e, da un lato, imprecano contro la voracità dei negozianti e, da un altro premono sulle autorità per intervenire”. Secondo Savona però, il ricorso alle autorità affinché vigilino sulla crescita dei prezzi e puniscano i colpevoli ha poco senso “perché siamo in un'economia di mercato e, se la trasparenza sul prezzo praticato è rispettata, chi lo stabilisce è libero di farlo; sta all'acquirente cercare chi ne approfitta meno”. “Presa in giro perché – osserva l’economista - l'intervento sul termometro non rimuove le cause della febbre, che è una scarsa concorrenza. I commercianti in attività, senza necessità di accordarsi tra loro, hanno interesse a praticare gli stessi prezzi e la gente stenta a trovare chi approfitta meno della situazione o affatto”. “Nel caso del prezzo della benzina, come di ogni altro prodotto di largo consumo, l'adattamento dell' offerta a una maggiore concorrenza è lento, perché i fornitori all'origine sono quasi monopolisti, cioè fanno il prezzo, e tra essi qualcuno è guidato da mano pubblica e i distributori formano una categoria protetta la cui attività è sottoposta ad autorizzazioni e a vincoli dietro cui si annidano rendite e sprechi, che impediscono l'ingresso di nuovi concorrenti”. “Ne consegue –scrive Savona - che essi hanno un potere di mercato che sfruttano proprio nei momenti di discesa dei prezzi all'origine. Sul piano strettamente tecnico può essere fatto molto poco e quando l'onda inflazionistica parte bisogna solo attendere che passi, consci che pagheranno sempre i più deboli verso i cui bassi redditi si dovrebbe indirizzare una maggiore attenzione invece di avviare campagne contro gli aumenti salariali”. “Escludendo l'assalto ai forni di manzoniana memoria – conclude Savona - esistono due sole soluzioni. La prima è che la gente comune stringa la cinghia e riduca drasticamente i consumi finché i prezzi diventino elastici verso il basso , ossia i venditori si pieghino alla caduta della domanda e dei profitti. La seconda che ci sia una massiccia azione etica da parte dei media e dei gruppi dirigenti del Paese. Senza etica il mercato non può funzionare. Churchill definì l’inflazione una malattia della società. Se insieme a tanti utili consigli la Chiesa Cattolica iniziasse una campagna per il rispetto del giusto prezzo, un principio che la sua dottrina sociale insegna da oltre un secolo e che regge quello del giusto salario, forse salterebbe fuori qualcuno che si mette la mano sulla coscienza e imprime un giro di boa all'inflazione”.

Alle osservazioni di Savona ha prontamente replicato il direttore dell’Ufficio Studi Confcommercio, Mariano Bella. “Le due questioni sollevate dal professor Savona sui prezzi dei prodotti i energetici e quelli della fìliera cerealicola – scrive Bella -meritano un approfondimento ed alcune precisazioni. Per la prima è corretto individuare strozzature e monopoli nella filiera per spingere i comportamenti degli agenti a riprodurre pratiche prossime a quelle concorrenziali”. “Tuttavia – osserva Bella - le evidenze di cui disponiamo dicono che i prezzi al consumo si aggiustano con lentezza sia al rialzo sia al ribasso: quando il greggio cresce molto i prezzi crescono meno proporzionalmente, quando si riduce, i prezzi si riducono meno. Questa regola è generale e riguarda un po’ tutti i prezzi ai consumo rispetto a quelli del paniere di materie prime alla base della loro produzione: struttura del prelievo fiscale, timing e modalità di stipula dei contratti di fornitura e pressione della domanda sono alla base di questa regolarità che appare confermata anche in questi giorni (il prezzo dei carburanti è effettivamente calato e continuerà a farlo, assorbendo le oscillazioni più marcate nella quotazione della materia prima)”. Secondo Bella quindi, “la chiamata in causa dei distributori al dettaglio è fuori luogo: la concorrenza c'è e il differenziale di prezzo con gli altri paesi europei è di qualche centesimo, verosimilmente giustificata dalla diversa aggregazione della popolazione in centri urbani e dalla differente e complessa conformazione orografica del territorio”. “Per la seconda questione quella del caro grano-pasta – scrive Bella - il professor Savona sembra raccogliere e fare sue le rituali lamentele delle Associazioni dei consumatori che maneggiano i numeri con una qualche disinvoltura”. “Le obiezioni su questo versante sono poco coerenti: perché mai un commerciante dovrebbe accrescere particolarmente il prezzo della pasta e non ripartire invece il suo guadagno complessivo atteso lucrando, per esempio, sulla quotazione dei detersivi o del tonno in scatola o dell'olio d'oliva? La risposta è semplice e sta nel fatto che i prezzi sono indici di scarsità e il commercio, i cui prezzi crescono meno di quelli alla produzione, correttamente trasmette, comprimendoli di molto, vista la crisi dei redditi e dei consumi, gli impulsi che provengono dai settori a monte”. “Ma non potrebbe un commerciante evitare di incrementare i prezzi? Sì, chiudendo il negozio, come hanno fatto circa 15,000 imprenditori soltanto nei primi sei mesi del 2008”. Le conclusioni di Bella sono dedicate all’invito di Savona alla Chiesa Cattolica a iniziare una campagna per il rispetto del giusto prezzo. “Non mi risulta – osserva Bella - che la dottrina sociale della Chiesa abbia prodotto un prontuario o un listino prezzi bene per bene o servizio per servizio. Piuttosto invece, nella sua versione ufficiale e moderna, chiarisce che il libero mercato è un istituzione socialmente importante per la sua capacità di garantire risultati efficienti nella produzione di beni e servizi. Dice socialmente. E dice risultati efficienti: quindi il mercato è qualcosa di tutti e non solo degli operatori che quotidianamente lo animano ed è uno strumento utile, rispetto al quale non abbiamo alternative. Insomma, il prezzo è giusto in quanto si forma nel mercato concorrenziale”.

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