PROTOCOLLO SU WELFARE E PENSIONI, A RISCHIO LA FIRMA DI CONFCOMMERCIO

PROTOCOLLO SU WELFARE E PENSIONI, A RISCHIO LA FIRMA DI CONFCOMMERCIO

In un'editoriale su "Libero", il presidente Sangalli spiega che "se – come dice il presidente Prodi – l'adesione al protocollo è possibile solo in blocco, ci dispiace, ma le condizioni per la nostra sottoscrizione non ci sono".

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30 luglio 2007
Quando la “modestia� non è una virtù

Quando la “modestia� non è una virtù

 

 

Due tappe fondamentali hanno scandito, in queste settimane, l’attività del Governo, preparando la stagione della finanziaria per il prossimo anno: la presentazione del Dpef e la proposta formulata alle parti sociali di un protocollo d’intesa su previdenza, sistema di tutele e mercato del lavoro.

Nell’un caso come nell’altro, le proposte che vengono fatte al Paese sono “modeste�. E  naturalmente questa modestia la dice lunga sul respiro dell’azione del Governo e, soprattutto, sulla distanza che c’è tra le scelte che sarebbero necessarie per perseguire credibilmente obiettivi più “ambiziosi� e quanto invece il Governo è in grado di mettere in campo.

Se, dunque, scorriamo le pagine del Dpef, risulta evidente che modesti sono tanto gli obiettivi della finanza pubblica, quanto quelli di crescita. Gli obiettivi della finanza pubblica sono inferiori ai risultati tendenziali. E questo  perché, in buona sostanza, si utilizza la brezza di quel tanto di ripresa che c’è, e che si traduce in un generoso andamento delle entrate, non per accelerare il miglioramento dei conti pubblici, ma per iniziare a ridistribuire, utilizzando il “tesoretto�.

Sempre nel Dpef, altrettanto modesti sono gli obiettivi di crescita dell’economia italiana. Si prevede, infatti, che l’economia italiana crescerà comunque meno del 2% del 2007. Mentre, francamente, la possibilità di una crescita al 3% -  sorretta da significativi incrementi della produttività e della partecipazione al mercato del lavoro â€" viene più evocata che motivata e perseguita. In questo contesto, non può certo sorprendere che, poi, la pressione fiscale sia vista in diminuzione dall’attuale 42,8% del Pil al 42,1% soltanto nel 2011!  E ciò nonostante venga ribadito che “il Governo è impegnato prioritariamente a contenere e gradualmente ridurre la pressione fiscaleâ€�. Alle spese eventuali â€" oltre 21 miliardi di euro solo  nel 2008 â€" il Dpef dice poi che si farà fronte con la capacità di “spendere meglioâ€�. Un buon principio, certo. Ma scarsamente credibile, vista la crescita costante della spesa pubblica e l’entità di quelle spese eventuali, che di “eventualeâ€� hanno davvero poco.

Del resto, a quell’elenco di spese si aggiungono, ora, i costi connessi al protocollo su previdenza, ammortizzatori sociali e mercato del lavoro. Dieci miliardi di euro in un decennio per il superamento dello scalone e per una generosa definizione dei lavori usuranti, che stanno all’interno di un pacchetto di spesa previdenziale il cui costo complessivo lievita fino a 29 miliardi di euro in un decennio. Anche in questo caso, il dato certo è la crescita, per la copertura di queste spese, della contribuzione previdenziale. Del tutto incerti sono, invece, i risparmi attesi dalla razionalizzazione degli enti previdenziali.

Ma, anche al di là della questione dei costi, in definitiva ci troviamo di fronte ad un doppio rinvio: il rinvio al 2011 del requisito anagrafico vincolante dei 60 anni per l’accesso alla pensione di anzianità; il rinvio al 2010 dell’applicazione dei coefficienti revisionati di trasformazione delle pensioni. Da qui ad allora, ovviamente, c’è poi tempo per tornare a discutere…

Insomma, si tratti di Dpef o si tratti del protocollo, la musica non cambia. Le scelte difficili â€" per la riduzione del deficit e del debito, per il controllo e la riduzione della spesa pubblica, per un’età di pensionamento che si adegui all’allungamento costante delle aspettative di vita â€" si rinviano. E, rinviando le scelte difficili, diventano un “pannicello caldoâ€�  i buoni propositi in materia di riduzione della pressione fiscale e per una crescita più sostenuta del Paese.

Intanto, e per di più, sempre con quel protocollo si restringono spazi di flessibilità nel mercato del lavoro. Perché, oltre ai tetti per i contratti a termine, si cancella il lavoro a chiamata, si aggrava la contribuzione sul part-time breve e si lascia nel limbo lo staff-leasing. Tutte scelte  che penalizzano particolarmente le imprese dei servizi e che sono davvero controcorrente rispetto all’esigenza di accrescere la partecipazione al mercato del lavoro. E, alla fine, spendendo davvero troppo per la previdenza, resta davvero troppo poco per le politiche attive per il lavoro e per finanziare detassazione e sgravi contributivi per i premi di risultato.

Manca, in definitiva, il coraggio delle scelte difficili, ma necessarie per fare dell’Italia una società più attiva e per rimettere in moto il Paese. E’ il coraggio che manca nel  Dpef, che proprio per questo non ci convince. Ed è il coraggio che manca nella proposta di protocollo d’intesa. Se  â€" come dice il Presidente Prodi â€" l’adesione al protocollo è possibile solo in blocco, ci dispiace, ma le condizioni per la nostra sottoscrizione non ci sono. 

 

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