Sangalli: "per i consumi può essere l'anno della ripresina"

Sangalli: "per i consumi può essere l'anno della ripresina"

In un'intervista al Secolo XIX il presidente di Confcommercio commenta l'ICC di dicembre sottolineando che in ogni caso "la domanda interna va sostenuta" e che "per sopravvivere i piccoli devono innovare".

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6 febbraio 2015
I consumi degli italiani arretrano ancora nel 2014, ma il calo appare (-0,7% sul 2013) in netta attenuazione rispetto al crollo (-6,7%) del biennio precedente. Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, alla "ripresina" ci crede, purché si intervenga sulla domanda interna.
Consumi e fiducia: la situazione pare migliorare.
«Il nostro indicatore ha rilevato a dicembre un calo, confermando tutte le difficoltà della nostra economia a schiodarsi da una perdurante stagnazione. Allargando l'analisi agli ultimi mesi si nota però una tendenza alla stabilizzazione dei consumi che, insieme al recupero di fiducia da parte di famiglie e imprese a gennaio, lascia intravedere timidi segnali di miglioramento. Ma è evidente che per avere una ripresa robusta e duratura serve ben altro, altrimenti il 2015 rischia di essere solo un anno di passaggio dalla recessione alla stagnazione».
Che cosa?
«Rilanciare la domanda interna, che per consumi e investimenti vale l'80% del Pil. Serve un'azione decisa e sostenibile per ridurre le tasse, tagliare la spesa pubblica eliminandogli sprechi e rendere la burocrazia più veloce».
Semplice a dirsi, le risorse?
«Bisogna tagliare drasticamente la spesa pubblica che finora non è stata aggredita. L'Italia deve perdere al più presto il record mondiale di pressione fiscale e poi, mi lasci dire, le tasse da noi si pagano tre volte: come imposte, come burocrazia e come incertezza. E ancora: che fine ha fatto il dossier Cottarelli?»
Non si consuma solo perché non si hanno soldi?
«Oltre all'eccessiva pressione fiscale, un ulteriore freno è l'aumento delle spese obbligate. Bollette, affitti, trasporti, sanità e assicurazioni pesano per oltre il 40% sul totale dei consumi. I prezzi sono cresciuti a dismisura perché questi settori non sono del tutto liberalizzati. Il risultato è che dal 2007 a oggi il reddito disponibile è passato da oltre 20mila euro a poco meno di 18mila. Nemmeno il bonus degli 80 euro, misura che va nella giusta direzione anche se ha escluso i lavoratori indipendenti, ha sortito gli effetti annunciati».
Gli italiani non consumano perché non hanno soldi. Ma le famiglie benestanti e i turisti stranieri, target presenti anche in Liguria, potrebbero consumare di più se fossero opportunamente "stimolati". Esiste un problema di qualificazione dell'offerta commerciale (negozi stranieri di bassa qualità, desertificazione)?
«Il pluralismo distributivo è una caratteristica del nostro Paese che, proprio grazie alla competitiva compresenza di imprese di piccola, media e grande dimensione, ha sempre assicurato un adeguato livello di servizio in termini di prezzi e di offerta a tutti i consumatori. Del resto, in tutte le grandi città europee e nei grandi bacini turistici convivono imprese di tutte le dimensioni».
Molti negozi, anche storici, però chiudono. Quanto conta l'innovazione?
«Il "piccolo" deve sicuramente concentrarsi nel migliorare sempre di più l'offerta, diventando uno specialista del settore attraverso la competenza e la qualità del servizio. Nostre ricerche indicano che l'80% dei consumatori e degli stessi operatori è convinto che tra dieci anni i negozi presenti nei centri storici e nelle grandi città ci saranno ancora. A condizione che facciano sempre più innovazione e sperimentazione».

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