SPESA PUBBLICA DI DUBBIA QUALITÀ, VINCOLO ALLA CRESCITA

SPESA PUBBLICA DI DUBBIA QUALITÀ, VINCOLO ALLA CRESCITA

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6 marzo 2007
ENERGIA, INFRASTRUTTURE, SPESA PUBBLICA: UN “FRENO� PER LE IMPRESE E IL MERCATO

Spesa pubblica di dubbia qualità, vincolo alla crescita

 

Il tema della spesa pubblica è strettamente connesso a quello delle liberalizzazioni:

nella P.A. le garanzie dei lavoratori sono maggiori che nei settori di mercato: si ha un problema di equità che si riverbera sull’efficienza (sovra-remunerazione del fattore lavoro nella P.A.); nella P.A. il costo del lavoro è sganciato dalla produttività o, almeno, non ci si preoccupa seriamente di valutarne la produttività: altri dovranno produrre per compensare questa differenza oppure crescerà lo stock di debito che, attraverso gli interessi, acuisce lo spostamento di risorse dai settori che generano ricchezza a quelli che la consumano senza produrla.

Ne derivano, di conseguenza, alcuni comportamenti con effetti distorsivi per il mercato attuati dai settori produttivi per difendersi dai suddetti fenomeni; inoltre, la riduzione del mark-up nei settori market grazie alle liberalizzazioni non si trasferisce ai cittadini-consumatori ma soltanto agli stakeholders della P.A. Finchè ci sarà il sospetto che l’amministrazione pubblica gode di protezioni ingiustificate nessuno accetterà di perdere parte della propria rendita a favore dei cittadini-consumatori. E’ evidente, quindi, che una spesa pubblica di dubbia qualità costituisca un vincolo alla crescita.

Il costo del lavoro nel settore pubblico (Fig. 1) risulta non soltanto maggiore che in quello privato, ma soprattutto il divario appare fortemente crescente (da 800 euro a 12.000 euro in 25 anni), un fenomeno che non ha giustificazione e che va rapidamente neutralizzato.

Desta perplessità anche l’organizzazione del lavoro nelle amministrazioni pubbliche.

Non solo nella media delle amministrazioni il numero di dirigenti appare particolarmente elevato in rapporto al resto dei dipendenti. Ma, fatto sconcertante, questo rapporto si è quasi raddoppiato nel giro di 12 anni (fig. 2) passando da 3,3 dirigenti per 100 dipendenti nel 1993 a poco meno di 6 nel 2005.

E’ sintomo di una crescita qualitativa della forza lavoro nella pubblica amministrazione o è prevalentemente il risultato di automatismi di carriera che livellano verso l’alto redditi sostanziali e qualifiche formali?

Questo fenomeno non è estraneo alla crescita del peso del costo del lavoro nella pubblica amministrazione rispetto al Pil. Dopo un periodo di riduzione di tale valore â€" dal 12,2% nel 1990 al 10,4% nel 2000 - il peso ha cominciato a crescere di nuovo (11,4% nel 2006). E’ urgente frenare questa dinamica e invertirla.

In caso contrario non avrebbero senso neppure i ricorrenti suggerimenti di riduzione della partecipazione dello Stato in alcune importanti aziende: privatizzare vendendo quote del capitale collettivo in luogo di ridurre il debito pubblico allenterebbe semplicemente il vincolo sulla spesa corrente, che continuerebbe a crescere.

Se si confrontano alcuni indicatori della spesa pubblica dell’Italia con quelli, ad esempio, di Francia e Germania (fig. 4) emerge che il nostro paese:

al netto degli interessi ha la minore spesa pro capite;

ha un enorme “peso� rappresentato sia dallo stock di debito che dalla spesa per interessi sullo stesso;

ha il livello più basso di Pil per abitante.

E dunque si scopre che la spesa per assistenza e previdenza in termini pro capite non è poi così elevata: questo è forse un segnale quantitativo di inefficienza. Spendiamo molto per tenere in piedi una macchina che non produce benefici.

In un contesto di elevati interessi, di elevato e crescente stock di debito pubblico e di relativamente modesto Pil pro capite.

In questo senso, liberare l’economia è liberarsi del debito. Per tornare a crescere.

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