Studi di settore, continua il dialogo pmi - amministrazione

Studi di settore, continua il dialogo pmi - amministrazione

Tavola rotonda tra i rappresentanti delle associazioni di categoria, tra cui il direttore generale di Confcommercio Luigi Taranto, il direttore dell'Agenzia delle Entrate Attilio Befera e dell'Accertamento Luigi Magistro.

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11 febbraio 2010
Gli studi di settore funzionano

 

Gli studi di settore funzionano. Sembrano lontani anni luce i tempi del loro esordio, quando si presentarono con tutte le caratteristiche di uno strumento tanto iniquo quanto inefficace. Tempi, appunto, lontani. Oggi infatti, grazie anche alla fattiva collaborazione delle associazioni di categoria, gli studi di settore sono un importante strumento per garantire un reale accertamento e di conseguenza un equo prelievo fiscale.

Di studi di settore di piccole e medie imprese si è parlato oggi, durante una tavola rotonda tenutasi stamani presso l’Agenzia delle Entrate di Roma a cui hanno partecipato il direttore dell'Agenzia Attilio Befera, il direttore dell'Accertamento Luigi Magistero e i rappresentanti di diverse associazioni di categoria, tra cui il direttore generale di Confcommercio Luigi Taranto.

Importante strumento di accertamento, dunque, lo studio di settore. Ma non il solo. Su questo aspetto aveva già speso parole precise ieri lo stesso Befera parlando alla Commissione Finanze della Camera: “L'accertamento sui contribuenti sottoposti agli studi di settore deve essere fatto non solo con i dati relativi agli studi, ma va motivato con altre evidenze”. Insomma, il discostamento dallo studio non può essere da solo la motivazione per un controllo.

Nell’introduzione alla tavola rotonda il direttore dell'Agenzia delle entrate ha voluto ribadire che lo strumento studi di settore non deve essere inteso come vessatorio  nei riguardi del contribuente. Al contrario, deve dimostrare di essere il segno tangibile di un dialogo ormai avviato che mira a rafforzare l'interscambio informativo tra contribuenti e amministrazione, contribuendo ad essere anche una bussola per le pmi. L’Agenzia, ha concluso Befera, ha chiarito espressamente che le istruzioni operative date agli uffici sono di supportare sempre le presunzioni basate sugli studi di settore con ulteriori elementi di riscontro, come ad esempio la capacità di spesa del soggetto preso in esame.

I controlli dell’Agenzia nel 2009 hanno portato nelle casse dello Stato 130 milioni di euro comprensivi di sanzioni e interessi. Risultato ottenuto anche grazie a un cambio di rotta rispetto al 2008. "Nel 2009 - ha detto Magistro nel suo intervento - abbiamo fatto meno controlli, ma più mirati e molto più remunerativi". La maggiore imposta definita, cioè quanto è stato incassato realmente, ha raggiunto i 108 milioni nel 2009 (senza interessi e sanzioni) rispetto ai 97 milioni del 2008, con un aumento dell'11,3% a fronte di un diminuito numero dei controlli, passati da 72.956 del 2008 a 56.483 del 2009.

Si diceva della fattiva collaborazione, della funzione di stimolo rappresentata dalle associazioni di categoria. Un’azione di pungolo che non è mancata neanche a questa tavola rotonda. “l’esperienza degli studi si è andata caratterizzando come un modello di proficua relazione tra categorie economiche e amministrazione finanziaria– ha ricordato Luigi Taranto, direttore Generale di Confcommercio – soprattutto perché non ha smesso mai di essere una sorta di work in progress. Come dovrà continuare ad essere. Solo così potrà seguitare a garantire tanto il diritto del contribuente alla tassazione sulla base di un reddito effettivo, non potenziale e stimato, quanto l’avanzamento dell’azione di contrasto e di recupero di evasione e lesione fiscale”.

Prossimo banco di prova per gli studi di settore sarà la capacità di leggere e interpretare l’impatto, spesso devastante, che la recente crisi economica ha avuto su aziende e imprese che, pur riuscendo spesso a salvare l’occupazione, hanno pagato alla crisi un duro pedaggio in termini di redditi e guadagni.

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