Tasse e burocrazia: "incubi" costanti per le Pmi

Tasse e burocrazia: "incubi" costanti per le Pmi

Secondo il Rapporto Nazionale "Sussidiarietà e Piccole e Medie Imprese", presentato dalla Fondazione Sussidiarietà, tre sono le richieste delle piccole e medie imprese italiane: meno tasse, meno burocrazia e maggiore libertà di accesso al mercato.

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12 febbraio 2009
Tasse e burocrazia, “incubi” costanti per le Pmi

Tasse e burocrazia, “incubi” costanti per le Pmi  

 

Secondo il Rapporto Nazionale “Sussidiarietà e Piccole e Medie Imprese”, presentato a Roma, dalla Fondazione Sussidiarietà nell’ambito del convegno “Quale strada per  affrontare la crisi economica”, tre sono le richieste delle piccole e medie imprese italiane: meno tasse, meno burocrazia e maggiore libertà di accesso al mercato per affrontare la crisi economica e puntare ad un maggiore sviluppo. Oggi, secondo l’80% dei piccoli imprenditori, specie del Nord Est e del Nord Ovest, ci sono troppi ostacoli all’attività imprenditoriale. A chiedere una semplificazione amministrativa e fiscale come  fattore indispensabile per lo sviluppo sono, in particolare, il 50,2% delle piccole imprese e ben il 71,1% delle medie imprese italiane. Inoltre il 53% delle imprese vuole più decentramento (61% medie e 50% piccole), mentre l'85% sottolinea che il sistema economico non è sufficientemente liberalizzato e quindi le imprese auspicano una  maggiore eguaglianza nell'accesso al mercato. Il 36% delle Pmi italiane, inoltre, vuole la contrattazione salariale decentrata mentre un 58% si dice “abbastanza d'accordo” con questa ipotesi. Condotta su un campione di 1.600 imprese  distribuite su tutto il territorio nazionale, l'indagine della Fondazione Sussidiarietà è stata realizzata su piccole imprese con 15-50 addetti, pari all'80% del campione, e medie imprese con 51-250  addetti, pari al 20% del campione. Le imprese che sono state consultate per l'indagine sono concentrate nella massima parte nel Nord Est (36%) e nel Nord Ovest (36%), mentre Centro (18% circa), Sud e Isole (14,5%) rappresentano meno di un terzo delle imprese  intervistate. Guardando al rapporto imprenditori-lavoratori, l'indagine della  Fondazione Sussidiarietà sottolinea che il 43% delle Pmi è “disposto a investire in risorse umane se questo serve ad aumentare il profitto”, a cui si aggiunge un 54% che condivide “in linea di massima” l'incremento del fattore capitale umano a questo scopo. A  guardare con favore a investimenti nelle persone sono il 52% dei  piccoli e medi imprenditori del Nord Est, di cui appena il 26% di  quelli del Nord Ovest. In quest'area geografica, inoltre, il 56% delle medie imprese e il 39,5% delle piccole non vedono con favore questa  linea di investimento. Sempre nel rapporto impresa-lavoratore, solo il 35% delle Pmi  sottolinea di “sentire fortemente” la coincidenza degli interessi dei  lavoratori con gli interessi degli imprenditori, mentre il 60% si dice “abbastanza d'accordo”. In questo prevalgono le medie imprese (40%)  sulle piccole (34%) e la coesione aziendale è più sentita nel Nord  Est (44% molto d'accordo, 52% abbastanza d'accordo). In un panorama più generale, il 32% delle pmi italiane vorrebbe condividere anche con i concorrenti attività di ricerca e sviluppo e questa esigenza è avvertita maggiormente nel  Nord Est (39%), con uguali percentuali nel Sud e nel centro, ma meno  nel Nord Ovest (21%). Dubbi invece sulle strategie di  internazionalizzazione che vedono favorevoli solo un 26% di Pmi  nazionali. Inoltre un 36% migliorerebbe la competitività condividendo con i concorrenti strategie comuni, il 30% lo farebbe senz'altro verso le istituzioni pubbliche. E dal lavoratore al cliente, il 69% delle Pmi italiane dichiara  che vorrebbe intensificare il rapporto con il cliente come patrimonio  vitale di informazioni, mentre il 53% vuole potenziare le relazioni strategiche con i propri fornitori. Solo il 28%, invece, vuole  incrementare le relazioni con le istituzioni pubbliche per tutelare  gli interessi economici dell'azienda. Infine, il 42% circa delle Pmi  italiane manifatturiere ha dichiarato di essere iscritta a un’associazione di categoria, il 41% a un polo distrettuale e il 15,4% partecipa a consorzi d'impresa. Nel capitolo dedicato alle criticità delle Pmi italiane, infatti, non mancano valutazioni sulle dimensioni del fatturato che risulta uno dei maggiori punti critici rilevato nelle imprese oggetto  dell'indagine: il 50% delle imprese, infatti, non supera i 2 milioni  di euro di fatturato. Criticità anche sul fronte  dell'internazionalizzazione che vede il 79% delle Pmi con fatturato  estero pari a zero, mentre sul fronte dell'export ben il 51% non  esperta mentre appena l'11% esporta più del 40% del proprio  fatturato. Criticità, infine, nella ricerca (il 39% non spende nulla  per ricerca e sviluppo) e nella formazione del personale (il 29% non  investe in questo campo e il 45% investe solo il 5%).

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