Un 2009 da dimenticare per l'azienda Italia

Un 2009 da dimenticare per l'azienda Italia

L'Istat certifica che nello scorso anno il Pil italiano è crollato del 5 per cento, il dato peggiore dal 1971. Il rapporto deficit/Pil si è attestato al 5,3 per cento, la pressione fiscale complessiva al 43,2 per cento. Meno 1,2 per cento per i consumi.

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1 marzo 2010
Nel 2009 crolla del 5%, dato peggiore dal 1971 Rivisto al ribasso dato 2008 e 2007

Nel 2009 il prodotto interno lordo dell’Italia è crollato del 5%, il dato peggiore dal 1971 (inizio della sede storica). Lo comunica l’Istat nei 'Conti economici nazionali'. L’Istituto di statistica, inoltre, ha rivisto al ribasso il Pil del 2008 che cala dell’1,3% rispetto al -1% precedentemente comunicato. Rivisto in peggio anche il dato del 2007: il Pil è cresciuto dell’1,5% rispetto al +1,6% precedentemente comunicato.

Quanto al rapporto deficit/Pil si è attestato, nel 2009, al 5,3%, mentre il saldo primario si è portato a -0,6% del Pil, il dato peggiore dal 1991. Il rapporto debito/Pil, sulla base delle cifre fornite da Bankitalia, è stato pari al 115,8%.

La pressione fiscale complessiva (ammontare delle imposte dirette, indirette, in conto capitale e dei contributi sociali in rapporto al Pil) nel 2009 è risultata pari al 43,2%, superiore di 3 decimi di punto rispetto al valore del 2008 (42,9%).

Sempre nel 2009 si è registrata una contrazione in termini reali dell’1,2% dei consumi finali nazionali, con una flessione dell’1,8% per la spesa delle famiglie residenti, un incremento dello 0,6% per la spesa delle amministrazioni pubbliche e un rialzo dell’1,1% per le istituzioni sociali private. La flessione dei consumi privati interni è stata pari all’1,9%.

 

I commenti

 

Claudio Scajola, ministro dello Sviluppo economico: “tutti sappiamo da tempo che il 2009 è stato un anno terribile per l'economia, che il Pil e la produzione industriale sono crollati come in altri Paesi, dalla Germania al Giappone alla Gran Bretagna. Ma sappiamo anche che la ripresa, sia pure lenta e timida, è iniziata. Sappiamo che il 2010 registrerà una crescita del Pil dell’1-1,2 per cento e che l’attività industriale sta ricominciando a crescere, anche grazie alla riduzione del valore dell’euro sul dollaro, che sta ridando fiato alle nostre esportazioni, aumentate in gennaio del 4,7 per cento”.

Pierlugi Bersani, segretario del Pd: “la caduta del 5% del Pil nel 2009 certifica la più grave recessione dal 1945. Sommando il dato del 2008, noi arretriamo in misura doppia rispetto all’area Ocse e quasi doppia rispetto all’area euro. Anche nelle previsioni del 2010 andiamo peggio degli altri, mentre la crescita della disoccupazione è ancora parzialmente occultata da effetti statistici. Con tutto questo, abbiamo un governo che, come un disco rotto, ripete che stiamo meglio di altri”.

Agostino Megale, segretario confederale della Cgil: “è necessario reagire: un fisco giusto, una riforma degli ammortizzatori sociali e una vera politica industriale sono le risposte indispensabili per portare il Paese fuori dalla crisi”.

Antonio Foccillo, segretario confederale della Uil: “il dato del crollo del prodotto lordo di 5% nel 2009 è ancora più preoccupante perché accompagnato da un aumento della disoccupazione, della pressione fiscale e da una contrazione dei consumi reali. Se non si interviene in maniera drastica, con misure anti-crisi fiscali ancor più forti di quelle annunciate, la crisi rischia di trasformarsi in una depressione”.

Marco Venturi, presidente di Confesercenti: “i dati dell’Istat sono come pietre.

L’economia del 2009 è stata terremotata dalla crisi ed il prezzo più salato lo hanno pagato le pmi. Ora dovrebbero essere chiari a tutti i mesi drammatici che hanno vissuto molti piccoli e medi imprenditori per non chiudere e non aggravare la perdita già consistente di posti di lavoro. Istituzioni e partiti sappiano che non c’è più tempo da perdere”.

Giuseppe Politi, presidente Confederazione Italiana agricoltori: “la caduta del valore aggiunto dell’agricoltura nel 2009 conferma le gravi difficoltà del settore primario. Le imprese sono sempre più in difficoltà, strette da pesanti costi produttivi, contributivi e burocratici e da prezzi sui campi in forte discesa. Una situazione drammatica che ha provocato, sempre nello scorso anno, la chiusura di oltre 30mila aziende agricole e un taglio drastico dei redditi degli agricoltori. Ora il rischio recessione è tutt’altro che remoto”.

 

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