Primo semestre negativo per il terziario bergamasco

Primo semestre negativo per il terziario bergamasco

Stime di Confcommercio Bergamo su dati camerali: nuove aperture a rilento e cessazioni in crescita, tengono città, hinterland e pianura, in difficoltà valli e piccoli Comuni.

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22 luglio 2024

Il 2024 sarà un anno ancora difficile e interlocutorio per il terziario bergamasco, visto che dalle stime di Confcommercio Bergamo emerge un quadro critico per quanto riguarda il saldo tra aperture e chiusure: i primi sei mesi del 2024, i più frizzanti storicamente in termini di creazione di impresa, hanno visto un rallentamento delle aperture nel commercio, turismo e servizi mentre preoccupano le cessazioni dopo il triste primato del 2022 e il parziale recupero nel 2023.

Le nuove imprese nate nel prime semestre 2024 nei settori del commercio, turismo, ausiliari del commercio e servizi alle imprese sono 633, in rallentamento molto deciso rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (-26,6%). Quanto ai settori, prendono quota solo i servizi alle imprese e gli ausiliari (agenti di commercio e procacciatori), con 19 imprese in più, e i servizi del turismo, 5 in più. A perdere ancora insegne il commercio alimentare al dettaglio (– 20) e non alimentare (-8), mentre prosegue il calo sensibile del numero degli ambulanti (– 32). Solo la città vede nel semestre un aumento complessivo di imprese (+14). Le chiusure di questi primi sei mesi del 2024 sono 669 (+20,1% sul primo semestre 2023) con un saldo semestrale negativo di -36 imprese. Nel commercio non alimentare la crisi colpisce i negozi. Per il settore abbigliamento si registrano 57 chiusure contro 26 aperture, meno della metà. Il saldo del commercio non alimentare è tenuto in equilibrio dall’apertura di imprese nel commercio elettronico con 85 nuove iscritte (contro le 55 chiusure) e di 44 imprese che commercializzano auto (contro le 14 cessate).

Confcommercio Bergamo stima che solo un terzo delle chiusure dipenda dal raggiungimento dei limiti dell’età pensionabile, il timore è che la maggior parte sia attribuibile alla fragilità del progetto imprenditoriale e delle competenze. E, in un momento in cui il ricambio generazione è particolarmente critico, solo una piccola parte delle imprese costrette ad abbassare la saracinesca può contare su una continuità familiare o da parte di terzi.

“I numeri non fanno che confermare in modo molto crudo difficoltà che si protraggono da tempo, una realtà difficile con cui purtroppo ci dobbiamo confrontare costantemente. I motivi sono i più svariati e tutti concatenati tra di loro: l’evoluzione delle abitudini di acquisto, la denatalità e il progressivo invecchiamento della popolazione, la scarsa propensione al sacrificio che fare l’ imprenditore richiede, i modelli di offerta. Gli stessi centri commerciali - commenta Giovanni Zambonelli, presidente di Confcommercio Bergamo - si stanno ripensando sulla scia dell’esperienza americana, che vede il fenomeno del ‘demalling’, la chiusura di questo tipo di commercio e la conseguente riqualificazione urbana”.

Per avviare un’attività non si può prescindere dalle competenze: “deve essere acclarato che fare l’imprenditore non può prescindere da competenze consolidate, mentre, soprattutto negli ultimi anni, abbiamo assistito a troppa improvvisazione, supportata solo da disponibilità finanziaria, con investimenti poi sperperati per l’insuccesso dell’ iniziativa imprenditoriale”, sottolinea ancora il presidente Confcommercio Bergamo.

Preoccupa, infine, la situazione della montagna: “il dato sottolinea l’urgenza e l’improrogabilità di un intervento politico e fiscale perché l’economia delle valli sia supportata da servizi, infrastrutture viarie e una fiscalità dedicata, che permetta alle persone di restare a vivere, fare impresa e preservare il territorio. Le valli vanno considerate e trattate in modo completamente diverso e con una particolare attenzione rispetto al resto del territorio. Come associazione continueremo a supportare gli associati aiutandoli a comprendere i cambiamenti e ad accrescere e mettere in campo la professionalità. Ma anche ad essere collante tra le imprese e la politica e stimolare quest’ultima affinché tante esigenze vengano colte e trasformate in opportunità”, conclude Zambonelli.

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