Per una lettura della NADEF e del DPB

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1.Introduzione

La Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (Nadef) ha lo scopo di predisporre i necessari indicatori quantitativi per la redazione della manovra che sarà contenuta nella successiva legge di bilancio. Gli indici quantitativi si riferiscono, come dal nome del documento, all'economia e alla finanza pubblica. Vengono aggiornate le previsioni macroeconomiche e le valutazioni sui principali rapporti di finanza pubblica, questi ultimi influenzati in modo determinante dalle dinamiche delle variabili macroeconomiche. Da queste valutazioni conseguono le stime sulle risorse pubbliche eventualmente disponibili per coprire nuove e ulteriori esigenze economiche e sociali che le istituzioni vorranno soddisfare in ossequio al mandato politico che ne legittima l'azione.

In questo documento di lettura si esaminano le determinazioni contenute nella Nota con riferimento agli anni 2023 – nel quale si valuta il livello raggiunto dalle variabili rilevanti – e il 2024, oggetto della vera e propria manovra finanziaria prossima ventura.

Si trascurano le valutazioni relative all'ultimo biennio considerato dalla Nota, 2025-2026, citato per eccezione o solo quando assolutamente necessario allo scopo di interpretare gli eventi riguardanti il prossimo anno.

Vengono espresse anche alcune valutazioni sulle misure discrezionali della manovra di bilancio 2024, così come presentate e illustrate nel Documento Programmatico di Bilancio (DPB), che si muove all'interno della cornice macroeconomica programmatica delineata dalla Nadef.

2. La dimensione della macroeconomia: il 2023, il 2024 e la revisione delle stime di Contabilità Nazionale

L'anno in corso è caratterizzato complessivamente da un forte rallentamento della crescita dell'attività economica. Le considerazioni della Nadef, le cui valutazioni macroeconomiche sono state validate dall'Ufficio Parlamentare di Bilancio, sono condivisibili. La variazione reale del PIL è fissata in otto decimi di punto, lo stesso traguardo al quale l'Ufficio Studi Confcommercio (USC) aveva rivisto le proprie previsioni un mese fa.

I livelli reale e nominale del prodotto lordo appaiono, però, sensibilmente più elevati rispetto alle valutazioni di qualche tempo fa in ragione di un'importante revisione contabile apportata di recente dall'Istat. Tale revisione implica un maggiore livello del PIL nominale nel 2023, rispetto alle precedenti ipotesi del Def 2023 pre-revisione della contabilità, di circa 39 miliardi di euro, implicando, a parità di altre condizioni, un sensibile abbassamento dei rapporti rilevanti di finanza pubblica, segnatamente il rapporto indebitamento (o deficit) su PIL e il rapporto debito su PIL. In assenza dei – prevedibili – maggiori oneri derivanti da poste passive di competenza relative al cosiddetto “superbonus 110%” ci sarebbero stati rilevanti spazi di bilancio per opportune politiche fiscali di sostegno della domanda, come, per esempio, l'impulso potenzialmente derivante dalla detassazione totale o parziale delle tredicesime nel prossimo mese di dicembre. Come detto, tali spazi sono stati occupati da debiti pregressi.

Il concetto giornalistico del “mancato tesoretto” va chiarito. L'Istat ha aumentato il PIL nominale dell'Italia di 34,7 miliardi di euro correnti nel 2021, anche in conseguenza di una maggiore variazione del PIL reale dal 7% all'8,3% nello stesso anno. Restando sulla dimensione nominale, rilevante per il calcolo del rapporto di finanza pubblica, si vede come i 34,7 miliardi di euro aggiuntivi che correggono al rialzo il 2021, poiché è rimasta invariata la crescita nominale del 2022 anche dopo la revisione (+6,8%), generano un trascinamento positivo sul livello di PIL nominale del 2022, che risulta così superiore di oltre 37 miliardi di euro al dato antecedente alla revisione. Applicando a tale incremento la previsione di crescita (sempre in valore) della Nadef per il 2023, pari a +5,3%, si ottiene per l'anno in corso un incremento di PIL nominale di circa 39,1 miliardi di euro correnti rispetto a quello previsto nel Def di aprile 2023, basato necessariamente sui dati di contabilità nazionale antecedenti alla revisione.

Tab. 1 – PIL 2023-2024, Nadef e dell'Ufficio Studi Confcommercio (USC)

stime dei profili trimestrali coerenti con le previsioni annuali

  USC Nadef
    var.% cong. var.% tend. var.% cong. var.% tend.
2023 I trim 0,6 2,1 0,6 2,1
  II trim -0,4 0,3 -0,4 0,3
  III trim 0,0 0,1 0,1 0,1
  IV trim 0,3 0,5 0,3 0,6
2024 I trim 0,3 0,3 0,3 0,3
  II trim 0,3 0,9 0,4 1,1
  III trim 0,4 1,3 0,5 1,5
  IV trim 0,4 1,4 0,5 1,7
2023 anno 0,8 0,8
2024 anno 1,0 1,2

Considerando i livelli di indebitamento e debito del Def di aprile 2023, si sarebbe ottenuto un rapporto deficit-PIL pari a -4,4%, un decimo inferiore al programmatico, e un rapporto debito PIL pari a 139,9%. Si sarebbero, dunque, liberati importanti spazi di bilancio. Il “tesoretto”, in sostanza, c'era.

Riguardo al 2024, la Nadef appare improntata a un leggero ottimismo (+1,2%) rispetto alle nostre valutazioni (+1,0%). La tabella seguente (tab. 1) evidenzia le potenziali difformità del profilo di crescita tra le nostre stime e quelle della Nota, alla luce del recente rilascio dei nuovi conti trimestrali.

Per quanto le differenze siano marginali, è opportuno sottolineare che i rischi della previsione dello scenario della Nadef sono orientati al ribasso, con implicazioni sulla tenuta del già fragile equilibrio dei conti pubblici (di cui si dirà più oltre). La Nadef colloca tra l'ultimo quarto dell'anno in corso e la fine del prossimo anno almeno due variazioni congiunturali del PIL sopra lo 0,4%. Vale la pena ricordare che la crescita media dell'Italia tra il 2014 e il 2019 è stata di due decimi su base congiunturale trimestrale. Pertanto, questo eccesso di crescita – che in parte condividiamo – deriverebbe dall'efficacia delle riforme e degli investimenti collegati al PNRR.

Ancora, sotto il profilo macroeconomico, l'Italia si presenta all'attuale congiuntura di forte rallentamento o recessione in ottima salute, come si evince dalla reattività mostrata durante la doppia crisi pandemica ed energetica, in assoluto e nella comparazione internazionale. Tuttavia, bisogna evidenziare che i più recenti dati congiunturali relativi ai mesi appartenenti al terzo quarto del 2023 mostrano diffusi segni negativi. Ciò vale tanto per gli indicatori di fiducia quanto per i consumi e la produzione industriale, a proposito della quale conviene ricordare che l'incremento registrato ad agosto è stato compensato dalla revisione al ribasso delle stime di luglio. L'unica importante eccezione, tra i dati congiunturali,  è costituita dalla dinamica occupazionale, ancora favorevole, messa in risalto anche dalla Nadef. Il fenomeno non ha una chiarissima interpretazione: in ogni caso, ne risulta un calo della produttività apparente del lavoro, certamente un segnale negativo in prospettiva strutturale.

L'altro aspetto che genera dubbi sull'evoluzione congiunturale dell'attività economica italiana riguarda il ruolo del turismo nei più importanti mesi dell'anno. Al turismo, infatti, la manifattura ha consegnato il testimone della ripresa post-crisi. Appare evidente, tuttavia, qualche segno di rallentamento anche su questo versante, con conseguente rischio macroeconomico riguardante la chiusura per il 2023 (che si ricorda a +0,8% nella Nota e nelle previsioni dell'USC, con le dinamiche descritte in tabella 1).

I dati sulle presenze di luglio 2023 non sono incoraggianti, palesando una riduzione del 13,5% rispetto a luglio 2022, distribuita in modo omogeneo tra stranieri e italiani (in Italia). Le notti perse nei primi sette mesi dell'anno in corso rispetto al 2019 ammontano a quasi 14 milioni. Solo un bimestre agosto-settembre oltre l'eccezionalità consentirebbero di compensare queste perdite. Valutazioni aneddotiche e indicazioni parziali e provvisorie provenienti dai territori tenderebbero a escludere che vi sia stato un boom di tali dimensioni.

Resta, pertanto, difficile l'attuale tornante congiunturale. L'impossibilità di tagliare le imposte sulle tredicesime assegna agli impulsi endogeni il compito di fare entrare l'economia italiana con un buono slancio dentro il 2024. Sarà cruciale la dinamica della fiducia delle famiglie nell'ultimo bimestre. Sarà altrettanto cruciale il ruolo dei consumi delle famiglie nell'ultimo scorcio del 2023.

Per quanto riguarda il prossimo anno, le valutazioni sono moderatamente difformi. La Nadef assegna ai consumi una variazione pari all'1,3% contro una nostra valutazione sotto l'1%.

La Nadef modifica la crescita reale dei consumi dall'1,0% tendenziale all'1,3% programmatico in ragione dell'effetto derivante dal maggiore reddito disponibile a seguito del confermato taglio dei contributi fino a redditi complessivi pari a euro 35mila, combinato alla modifica del sistema aliquote-scaglioni Irpef al fine di non depotenziare l'impatto della riduzione dei contributi a carico dei lavoratori. A un costo di tale provvedimento pari a circa dieci miliardi di euro si applicherebbe una propensione marginale al consumo che, su base annua, varrebbe lo 0,6, generando maggiore spesa per consumi intorno ai sei miliardi di euro, equivalenti a tre decimi circa di prodotto lordo aggiuntivo. Mentre questo passaggio è ampiamente condivisibile, appare ottimistico un tendenziale all'1%.

La spesa reale delle famiglie risentirebbe, secondo le nostre valutazioni, di un peggioramento del potere d'acquisto della ricchezza finanziaria, in particolare di quella detenuta in forme non protette dall'inflazione: tale riduzione ammonterebbe tra il 2021 e la prima parte del 2023 a oltre 17mila euro per nucleo familiare. Il processo di ricostituzione delle scorte di ricchezza proseguirebbe nel 2024, comprimendo la propensione al consumo, rendendo, pertanto, difficile, una prosecuzione della crescita della spesa reale a tassi superiori all'1%.

Assegniamo, invece, un ruolo importante all'eventuale batteria di provvedimenti derivante dalla delega fiscale, riguardante la semplificazione, l'accertamento, l'adempimento spontaneo e il regime sanzionatorio, un gruppo di azioni, cioè, senza costi diretti per la finanza pubblica. D'altro canto, l'auspicata riduzione dei costi dell'adempimento dell'obbligazione tributaria potrebbe generare maggiore gettito, e maggiore crescita, a causa della ragionevole riduzione dell'evasione fiscale e contributiva (con la trasformazione dei minori costi di adempimento per il contribuente in maggiore imposta versata).

Ovviamente, la Nadef non quantifica tali effetti. Né siamo in grado di farlo noi. Ma merita menzionare un potenziale aspetto favorevole dell'azione di governo nei prossimi mesi.

Resta il fatto, su cui vi è pieno consenso, che, comunque, un sostegno alla crescita deriverebbe dagli investimenti programmati dentro il PNRR.

Le previsioni tendenziali e programmatiche dei documenti del governo sono state validate dall'Ufficio Parlamentare di Bilancio e, pertanto, sarebbe ampiamente fuori luogo metterle in discussione. Tanto più che lo stesso UPB, oltre a formulare previsioni autonomamente, si affida a un panel di consenso composto dalle principali previsioni razionale e internazionali. Nella comunicazione di validazione delle previsioni l'UPB evidenzia che le previsioni del governo (per il 2024) si collocano verso l'estremo della soglia di ammissibilità dei forecast. L'analisi delle singole valutazioni del panel dice che la previsione di massima crescita del PIL è pari a 0,9% nel 2024. Per considerare ammissibile l'1,2% indicato dal governo bisogna aggiungere i tradizionali due errori standard della stima, in questo caso – immaginiamo – 0,225 punti percentuali che sommati a 0,9 forniscono un estremo superiore della fascia di accettabilità pari a 1,35. Ricapitolando: se ciascuna previsione degli otto componenti del panel di consenso ha un errore standard pari a un quarto della media, l'intervallo ammissibile di previsione sarebbe compreso, per la variazione del PIL nel 2024, tra 0,2% e 1,35%. La previsione del governo, si colloca, come visto, all'1,2%.

Per ciò che attiene alle dinamiche inflazionistiche, esse appaiono ben orientate verso un rapido rientro a partire da questo mese di ottobre. Se ne avrà contezza con la prossima delivery delle stime provvisorie sui prezzi al consumo.

Pure in un contesto caratterizzato da elevata incertezza – che rende molto ampio l'intervallo delle stime agli usuali livelli di confidenza – in assenza di particolari shock sul versante delle materie prime energetiche dopo una crescita del NIC attorno al 5,8% nella media dell'anno in corso, la variazione prevista per il 2024 è attorno al 2%. La variazione tendenziale dei prezzi al consumo per l'Italia nel presente mese di ottobre si collocherebbe, tuttavia, ancora al 2,4% a causa delle perduranti tensioni sulle materie prime energetiche.

Non sono mancate critiche alla politica monetaria della Banca centrale europea, stigmatizzando le conseguenze restrittive dell'incremento dei tassi d'interesse. L'errore di valutazione dei critici consiste nel confrontare la realtà attuale, con una situazione ideale, piuttosto che con un controfattuale dato dalla situazione dell'inflazione, dalle aspettative di inflazione e dai tassi d'interesse di mercato in assenza della guida della banca centrale. Se immaginiamo come sarebbe stata la realtà senza la BCE otterremmo che, date le varie crisi e i maggiori costi dovuti all'energia importata, probabilmente avremmo avuto comunque un'inflazione in doppia cifra e aspettative disancorate. In tale contesto, pure immaginando tassi d'interesse di riferimento pari a zero, chi presterebbe al tasso di riferimento? E per prestare realmente, quale tasso verrebbe richiesto?

In un certo senso il ruolo delle banche centrali è molto sottovalutato: non solo le politiche monetarie stanno fissando l'ancoraggio e determinano il rientro ordinato delle tensioni, ma in assenza della politica monetaria inflazione e tassi di mercato sarebbero più elevati, e fuori controllo.

Sulla questione dell'impatto restrittivo della politica monetaria di rialzo dei tassi guida si annoti semplicemente che è proprio l'obiettivo dei provvedimenti. Ancora una volta, gli effetti non vanno confrontati con una situazione ideale e irreale, ma con quanto sarebbe successo ai consumi e agli investimenti in una situazione caotica di aspettative autoalimentantesi e di tassi d'interesse all'inseguimento delle tensioni inflazionistiche.

3. Qualche considerazione sulla finanza pubblica programmatica

L'impostazione della Nadef ha suscitato critiche presso quanti ritengono che, al di là dei contenuti della prossima manovra, sarebbe stata necessaria maggiore attenzione al percorso di discesa del rapporto tra debito pubblico e PIL. È stato anche evidenziato, da più parti, che il prospettico incremento del costo del servizio del debito e la riduzione della crescita nominale potrebbero mettere in discussione anche i presunti poco ambiziosi obiettivi del governo sul tema.

Seppure in astratto condivisibili, sul piano pratico le suddette critiche risultano meno convincenti, anche al di là della retorica del sentiero stretto (negli ultimi trent'anni il sentiero della finanza pubblica è stato sempre stretto, e molte critiche di oggi sono simili a quelle ascoltate e lette nei decenni trascorsi, a prescindere dalla composizione delle maggioranze a sostegno dei governi che si sono succeduti).

La tabella 2 riassume la prospettata manovra di finanza pubblica, per lo meno limitatamente ai livelli e alle dinamiche dei saldi rilevanti.

Nella prima riga si descrive, secondo le risultanze della Nadef, la discesa del rapporto debito/PIL, molto esigua nel biennio 2023-2024. Tuttavia, bisogna notare che il governo ha comunque previsto di ridurre il disavanzo primario dagli oltre 73 miliardi di euro del 2022 a poco più di 30 miliardi nell'anno in corso per raggiungere il sostanziale pareggio di bilancio (primario) il prossimo anno. Giocano a favore di queste prospettive sia la riduzione dei deficit legati ai bonus edilizi, in corso di abolizione, sia una progressiva riduzione di alcuni sostegni a famiglie e imprese.

Tab. 2 – Finanza pubblica programmatica

miliardi di euro correnti, variazioni e quote percentuali

  2020 2021 2022 2023 2024
debito pubblico in % del PIL 154,9 147,0 141,7 140,2 140,1
var. Debito/PIL (x100) 20,8 -7,9 -5,4 -1,5 -0,1
interessi passivi (miliardi) 57,3 63,7 82,9 78,4 89,0
(a) interessi passivi in % del PIL 3,4 3,5 4,3 3,8 4,2
var. % PIL nominale -7,5 9,7 6,8 5,3 4,1
(b) contributo var. PIL nominale (%) (che entra con il segno meno) -10,1 15,0 10,0 7,6 5,8
(c)=(a)-(b) = effetto snow-ball 13,6 -11,5 -5,8 -3,8 -1,6
saldo primario (T-Gni) in miliardi -102,1 -96,2 -73,6 -30,8 -4,3
(T-Gni) in % del PIL -6,1 -5,3 -3,8 -1,5 -0,2
stima var. debito/PIL (x100) 19,7 -6,2 -2,0 -2,3 -1,4
indebitamento netto (miliardi) -159,5 -159,9 -156,4 -108,7 -91,8
 - in % del PIL -9,6 -8,8 -8,0 -5,3 -4,3
PIL nominale programmatico (miliardi) 1.661,2 1.822,3 1.946,5 2.050,6 2.135,2
nota: le elaborazioni si basano sulla formula semplificata della variazione del rapporto debito pubblico su PIL (D*)
DD*t = (it-gt)D*t-1 – p*t che dipende dalla crescita nominale g, dal tasso d'interesse nominale i e dall'avanzo primario in rapporto al PIL p* (con p* = (T-Gni)/PIL e Gni è la spesa pubblica complessiva al netto degli interessi sul debito); lo scarto tra variazione osservata nel rapporto debito/PIL e la sua stima, comunque ottenuta, dipende dal cosiddetto aggiustamento “stock-flussi”.
Elaborazioni USC su dati Nadef-MEF, ottobre 2023.

L'impressione è che in molti casi, il modo stesso in cui vengono rappresentate le grandezze di finanza pubblica, quasi esclusivamente come rapporti caratteristici e, dunque, solo in termini relativi, faccia perdere di vista la sforzo reale dell'aggiustamento che, in termini di riduzione del disavanzo primario, appare a nostro giudizio ampiamente apprezzabile: quasi 98 miliardi di euro in un quadriennio (la variazione assoluta del 2024 rispetto al 2020), cioè l'equivalente di quattro manovre di bilancio.

Pare di capire che i più accesi critici del presunto poco rigore della manovra immaginerebbero di anticipare al 2023 i risultati prospettati per il 2024. Ostano a queste congetture le misure di sostegno messe in campo negli ultimi mesi, a favore delle imprese e, soprattutto, delle famiglie contraddistinte da redditi meno elevati. D'altra parte, lo stesso governo ha deciso di non intervenire sulla detassazione delle tredicesime relative al prossimo mese di dicembre 2023.

Ciò che, invece, potrebbe preoccupare è la dimensione temporanea dei pure opportuni interventi. Tutte le questioni si riproporranno nelle sessioni di bilancio del prossimo anno, costituendo, dunque, un vincolo all'azione futura di (qualsiasi) governo.

Effettivamente, la crescita del costo del servizio del debito e la riduzione della crescita nominale esacerbano l'impatto negativi del cosiddetto effetto snow-ball (brutta e confondente espressione che enfatizza una sorta di eredità del passato come fosse un macigno ineluttabile). Tale effetto è dato dal confronto tra costo del debito (come spesa per interessi in rapporto al PIL) e crescita nominale (il giustamente celebrato effetto i-g) e, come si vede in tabella 2, risulta rapidamente decrescente, con possibilità di cambiare segno oltre l'orizzonte qui considerato. Il che crea dubbi sulla sostenibilità del debito in assenza di corposi avanzi primari.

Realisticamente, il governo prende tempo per raggiungere il suddetto obiettivo, esplicitamente considerando di prioritaria importanza il sostegno alle famiglie e, in minore misura, alle imprese.

Secondo il quadro programmatico della Nadef 2023, l'indebitamento netto per l'anno 2024 dovrebbe passare dal 3,6 al 4,3 in percentuale del PIL nominale, vale a dire da 76,7 a quasi 92 miliardi di euro, aprendo così gli spazi per una manovra in disavanzo che peggiorerebbe il saldo tra entrate e uscite di bilancio di oltre 15 miliardi di euro.

Con la trasmissione al Parlamento del Documento Programmatico di Bilancio (DPB) il 16 ottobre scorso, il quadro delle misure discrezionali adottate dal Governo assume contorni precisi in merito all'impatto sul disavanzo, secondo il dettaglio della Tabella III.1-12 del Documento.

Va ricordato che il DPB rappresenta anche il documento contabile trasmesso alle istituzioni europee per ottemperare agli obblighi del Semestre Europeo che, nella terza fase, relativa alla seconda parte dell'anno, cioè quella dell'attuazione, prevede la presentazione da parte dei Paesi membri dei documenti programmatici di bilancio alla Commissione e all'Eurogruppo, per poi adottare i rispettivi bilanci nazionali entro la fine dell'anno.

Il quadro macroeconomico di riferimento per il DPB, sia in termini tendenziali, sia in termini programmatici, riproduce esattamente le indicazioni contenute nella Nadef.

La dimensione della manovra lorda, come somma di minori entrate e maggiori spese, corrispondente agli impieghi, risulta poco inferiore ai 26 miliardi di euro.

I tre quarti del valore delle misure decise dal Governo, ossia poco più di 19 miliardi di euro, sono sostanzialmente diretti ad una riduzione della pressione fiscale, con provvedimenti a favore di famiglie (riduzione del cuneo fiscale, decontribuzione per le madri lavoratrici, potenziamento degli strumenti a sostegno del reddito, revisione dell'Irpef attraverso riduzione delle aliquote e relativi scaglioni e misure di contrasto al caro energia) e imprese (sospensione di Plastic Tax e Sugar Tax, nonché credito d'imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno).

Il rimanente venticinque per cento della manovra, corrispondente a circa 6,6 miliardi di euro, è destinato in larga parte a misure di sostegno agli investimenti pubblici, a risorse a favore del personale sanitario e al rifinanziamento del SSN e agli obblighi derivanti dalle politiche invariate, come il rifinanziamento delle missioni internazionali e gli stanziamenti per le politiche di settore dei Ministeri.

Nella tabella 3 è rappresentata l'articolazione della manovra in minori entrate/maggiori entrate e minori spese/maggiori spese.

Tab. 3 – Documento programmatico di bilancio

riclassificazione della manovra per il 2024
valori in milioni di euro e quote (%) in rapporto al PIL

  2024
PIL nominale tendenziale 2.130.484
Indebitamento netto a L.V. e politiche invariate -76.745
 - in % del PIL -3,6
 
MANOVRA in % PIL
(A) Minori entrate -19.046,5 -0,894
Misure di riduzione del cuneo fiscale -10.460,7 -0,491
Politiche per la famiglia -2.024,0 -0,095
Riforma fiscale -4.261,0 -0,200
Sostegno alle imprese -2.194,4 -0,103
Altro entrate / interventi -106,5 -0,005
(B) Maggiori entrate 1.491,3 0,070
Altro entrate / coperture 1.491,3 0,070
(C) Minori spese 11.739,0 0,551
Interventi a livello locale 127,8 0,006
Misure in materia pensionistica 2.705,7 0,127
Revisione e rimodulazione della spesa 1.874,8 0,088
Altro spese / coperture 7.030,6 0,330
(D) Maggiori spese -6.625,8 -0,311
Immigrazione e sicurezza -298,3 -0,014
Interventi per calamità naturali -340,9 -0,016
Misure di sostegno agli investimenti pubblici -745,7 -0,035
Misure per contrastare il caro energia -191,7 -0,009
Misure per fronteggiare la crisi ucraina -319,6 -0,015
Politiche invariate e ministeri -2.002,7 -0,094
Pubblico impiego -447,4 -0,021
Sanità -1.704,4 -0,080
Altro spese / interventi -575,2 -0,027
(E)=(A)+(D) Manovra: minori entrate + maggiori spese -25.672,3 -1,205
(F)=(B)+(C) Coperture/Risorse: maggiori entrate+minori spese 13.230,3 0,621
(G)=(E)+(F) DISAVANZO: MIGLIORA(+)/PEGGIORA(-) -12.442,0 -0,6
Totale indebitamento netto -89.187,0 -4,2

Suscita qualche perplessità la difformità che si coglie tra il quadro programmatico sintetico di finanza pubblica della Nadef (Tavola III.4) e l'ultima riga della Tabella III.1-12 del DPB, relativamente all'ammontare della manovra in disavanzo in rapporto al PIL nel 2024 che, secondo la prima rappresentazione, vale sette decimi di punto (peggioramento dell'indebitamento netto tendenziale dal -3,6% al -4,3% del programmatico e, quindi, con un livello di disavanzo pari a circa 91,8 miliardi di euro), mentre nella seconda vale sei decimi di punto arrotondati per eccesso (-0,583% e, dunque, con un livello di deficit inferiore di circa 2,6 miliardi di euro, ossia pari a 89,2 miliardi di euro). D'altra parte, la medesima incongruenza relativa al valore dell'indebitamento netto programmatico in rapporto al PIL nel 2024 emerge anche dal confronto tra il dato della penultima riga della tabella 2 e quello dell'ultima riga di tabella 3.

Così come dubbi può sollevare l'importo di poco superiore ai sette miliardi di euro, più della metà delle coperture, privo di qualunque descrizione di dettaglio della fonte di provenienza, essendo genericamente descritto come “Altro spese/coperture”, con il rischio che la Commissione Europea richieda chiarimenti e specifiche al Governo su come intenda reperire tali risorse.

Naturalmente, per una corretta lettura delle cifre della manovra rappresentate in tabella, non bisogna dimenticare che si tratta di importi corrispondenti ai saldi tra risorse e impieghi relativamente a ciascuna misura discrezionale, nel senso che ciascuno stanziamento deve trovare una sua copertura più o meno parziale – trattandosi comunque di una manovra in disavanzo – e che la differenza tra le due poste riportata per ogni voce della tabella, rappresenta il contributo del provvedimento al peggioramento del disavanzo tendenziale. In altri termini, conosciamo i saldi, ma non le dimensioni delle poste in entrata e in uscita da cui quei saldi derivano, che verranno esplicitate con la presentazione del DdL di bilancio.

Pure non valutando negativamente l'impostazione della Nadef, occorre sottolineare che il debito pubblico e il crescente costo per pagarne gli interessi costituiscono un vincolo alla libertà economica di cittadini e imprese, con particolare riferimento alle generazioni più giovani.

Non si può tacere, infine, che alcune delle coperture adombrate nella Nadef presentano elevati livelli di incertezza riguardo alla effettiva realizzazione.

a cura di Mariano Bella e Luciano Mauro

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